Gabriele Del Grande è un giornalista e documentarista italiano di 35 anni, nato a Lucca e vive a Milano.
Dallo scorso 10 aprile si trova in un carcere della Turchia, dopo essere stato fermato dalla polizia ad Hatay, provincia sud-orientale al confine con la Siria. Stava raccogliendo testimonianze al confine con la Siria per un libro sulla guerra dal punto di vista della popolazione.
Il 15 aprile il ministero degli Interni aveva fatto sapere che Del Grande stava bene e martedì 18 aprile, per la prima volta dopo nove giorni, lo stesso giornalista ha potuto fare una telefonata: le sue parole sono state trascritte e pubblicate sulla pagina Facebook di “Io sto con la sposa”, il documentario che il giornalista ha diretto insieme ad altre tre persone nel 2014.
Tra le altre cose, Del Grande dice che si trova a Muğla, sulle coste della Turchia, e che inizierà uno sciopero della fame. Nel frattempo, il ministero degli affari Esteri ha diffuso una nota in cui si chiede che il giornalista «sia rimesso in libertà, nel pieno rispetto della legge».
Del Grande era in Turchia dal 7 aprile per realizzare delle interviste a dei profughi siriani per il suo ultimo libro Un partigiano mi disse, un’opera sulla guerra in Siria e sulla nascita dell’ISIS, come aveva spiegato lui stesso quando ne aveva lanciato il finanziamento attraverso il crowdfunding. Da tempo Del Grande si occupava di problematiche legate alle migrazioni e di documentare i flussi per il blog Fortress Europe.
Inizialmente, il motivo per cui Del Grande era stato fermato non era chiaro. La prima ipotesi è che non avesse con sé il permesso stampa, invece necessario in quella zona. Dopo qualche giorno il ministero degli Esteri aveva fatto sapere che il giornalista «si trovava in una zona del paese» in cui non era «consentito l’accesso».
Un giorno dopo l’arresto, sui principali giornali italiani era circolata la notizia – attribuita a fonti diplomatiche – che nessuno poteva vedere Del Grande o entrare in contatto con lui, che risultava in stato di fermo (e non di arresto) e che sarebbe stato espulso e imbarcato su un volo da Istanbul verso l’Italia nella mattinata di giovedì 13 aprile. In realtà questo non è avvenuto e il provvedimento amministrativo per la sua espulsione non risulta ancora essere stato emesso. Dall’arresto e fino a oggi, non c’erano stati contatti diretti di Del Grande né con la famiglia né con le autorità diplomatiche italiane.
Lo scorso martedì 18 aprile, a Del Grande è stata invece concessa una telefonata alla compagna che è stata trascritta e pubblicata:
«Sto parlando con quattro poliziotti che mi guardano e ascoltano. Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento. I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo. Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio telefono e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato. La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito ripetuti interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta. Non mi è stato detto che le autorità italiane volevano mettersi in contatto con me. Da stasera entrerò in sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti».
In serata il ministero degli Esteri italiano ha diffuso una nota: si dice che il ministero stesso e l’ambasciata d’Italia ad Ankara stanno seguendo il caso «con la massima attenzione, sin dal suo inizio, in costante contatto con i familiari». Si dice anche che «il ministro Alfano ha disposto l’invio a Muğla, dove Del Grande è detenuto, del console d’Italia a Smirne per rendere visita al connazionale e l’ambasciatore d’Italia ad Ankara ha trasmesso alle autorità turche la richiesta di visita consolare, come previsto dalla Convenzione di Vienna del 1963. La Farnesina chiede con insistenza, fin dal primo giorno di questa vicenda, che Gabriele Del Grande possa ricevere regolare assistenza legale e consolare». Nella nota si conferma infine che Del Grande «ha potuto avere un colloquio telefonico con la famiglia».
Nel frattempo sui social network è stata lanciata una campagna. Su Twitter l’hastag è #iostocongabriele: si chiede alle autorità italiane di fare pressione sulle autorità turche perché rilascino Del Grande quanto prima e perché gli vengano garantiti diritti minimi come un colloquio con un avvocato, un incontro con l’autorità consolare, la possibilità di telefonare, informazioni sulla ragione del fermo e data prevista per l’espulsione. Sulla vicenda sono intervenute la Federazione nazionale stampa italiana, l’ISF, Information safety and freedom, associazione internazionale per la libertà di stampa, e diversi deputati e altre personalità. Mercoledì 19 aprile Il Tirreno ha dedicato la prima pagina alla richiesta di liberazione di Del Grande.
È stata avviata anche una petizione in cui si chiede il massimo impegno della Farnesina per una conclusione positiva della vicenda e per ribadire il rispetto del diritto di cronaca come uno dei capisaldi della democrazia.