San Sebastiano al Vesuvio (NA), 5 aprile 2003 – Paolino Avella è un giovane che si appresta a compiere 18 anni. Quel sabato, come di consueto, poco dopo le 13, quando il suono della campanella ufficializza il “rompete le righe”, in sella al suo scooter, insieme all’inseparabile amico Andrea, esce dal liceo scientifico “Salvatore Di Giacomo” per fare ritorno a casa. A pochi metri di distanza dal liceo, viene intercettato da due criminali che tentano di sottrargli il motorino.
Paolino, nel tentativo di sfuggire alla rapina, accelera improvvisamente cercando di allontanare i malviventi, forse anche per raggiungere la vicina stazione dei Carabinieri: inizia così un vero e proprio inseguimento. I due banditi, utilizzando una moto più potente, prima hanno raggiunto e poi affiancato la moto di Paolino, speronandola. Paolino perde il controllo del motorino e batte contro un albero. Illeso invece l’amico, Andrea, che viaggiava sul sedile posteriore.
Una scena straziante quella che si presenta davanti agli occhi dei liceali, amici e conoscenti di Paolino ed Andrea, che si accingevano a raggiungere la fermata dei pullman posta proprio nei pressi di quell’albero.
Paolino avrebbe compiuto 18 anni pochi giorni dopo. Stava aspettando con ansia il 12 aprile, perché in casa avevano organizzato una doppia festa: la sua maggiore età e le nozze d’oro della nonna. E, invece, non ha mai raggiunto la maggiore età.
I ragazzi del liceo, nelle ore successive, seppero trovare la forza per indignarsi e ribellarsi, scrivendo una delle pagine più significative della storia dell’entroterra vesuviano.
Fiori, pupazzi, sciarpe del Napoli, centinaia di lettere e foto: i ragazzi del liceo riversarono proprio ai piedi di quell’albero, servendosi di semplici oggetti, la loro voglia di non dimenticare e di non permettere che la storia di Paolino venisse dimenticata.
San Sebastiano al Vesuvio: “la piccola Svizzera”, così viene denominato il comune che giace ai piedi del Vesuvio, in virtù della pregevole stile di vita condotto dalla maggior parte dei suoi abitanti. Il liceo scientifico, per questa ragione, in quegli anni era letteralmente preso di mira dai giovani criminali delle realtà disagiate del circondario: Ercolano, Ponticelli, Barra. Quando vigevano i turni pomeridiani, al calar del sole, in particolare, l’uscita di scuola diventava un autentico gioco al massacro. Sprezzanti della stazione dei carabinieri situata a due passi dal liceo, i criminali prendevano d’assedio “i figli di papà” all’uscita di scuola, derubandoli non solo dei soldi e dei telefoni cellulari, ma anche delle scarpe e dei giubbotti firmati.
Paolino fu la vittima più violenta di quella “sindrome di Robin Hood” che portava giovani pressoché coetanei dei giovani che finivano nel loro mirino, a sottrargli con la forza quello che non potevano permettersi e che, invece, a loro, figli di ben altre famiglie, era concesso agevolmente.
Una folle e cinica favola che i giovani criminali si raccontano per “rendere il mondo più giusto”.
Una storia complessa, quella di Paolino, soprattutto sotto il profilo delle indagini: la corte di Assise stabilisce in primo grado l’assoluzione di Luigi Minichini, uno dei due malviventi autori del tentativo di rapina che decretò la morte di Paolino. Il giudice decide per l’assoluzione per l’impossibilità di utilizzare nel processo le dichiarazioni di ammissione di colpevolezza rese dal coimputato al Tribunale per i minorenni – dichiarazioni non confermate in aula nel corso del processo al complice maggiorenne. Il complice che all’epoca non aveva ancora compiuto diciotto anni era già stato condannato in via definitiva dal Tribunale per i minorenni. Questa sentenza d’assoluzione, per i genitori di Paolino e per la comunità tutta legata al sorriso e alla storia di Paolino così brutalmente spezzata, fu un boccone amaro da buttare giù. La prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, invece, ribalta il giudizio d’assoluzione di primo grado, condannando a 12 anni Luigi Minichini.
Con questa sentenza si stabilisce che la morte del ragazzo non fu un incidente stradale, ma la conseguenza di una tragica aggressione. Il 13 novembre 2012 la 3° Sezione della Corte di Assise di Appello del Tribunale di Napoli (secondo livello), dichiara Luigi Minichini colpevole per l’omicidio di Paolino Avella, condannando l’uomo a 9 anni di reclusione, alla rifusione delle spese legali ed al risarcimento dei danni provocati alle parti civili, oltre all’interdizione dai pubblici uffici. Dopo il passaggio in giudicato della condanna nel giugno 2014 Minichini si rende irreperibile dandosi alla latitanza. I carabinieri lo arresteranno nell’agosto 2014, presso la sua abitazione a Barra.
Alfredo Avella, il papà di Paolino, ha attinto dal dolore derivante dalla morte di somigli, la forza necessaria per tramutare il lutto in impiego civile: prima componente del Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti di criminalità e presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Pol.i.s., assume nel 2013 la Presidenza del Coordinamento dei familiari, lasciando la Presidenza del Comitato Scientifico a Geppino Fiorenza. Il 23 maggio 2013 viene inaugurata una lapide in memoria di Paolino e di tutte le vittime innocenti all’interno del boschetto del rione Gescal di Nola. Il 21 marzo 2014 l’assessore alle politiche giovanili del comune di San Giorgio a Cremano Michele Carbone annuncia che la web radio comunale, in via di allestimento grazie ad una convenzione con l’ercolanese Radio Siani, sarà dedicata alla memoria di Paolino Avella. Prende forma così “radio Paolino”, promossa dal comune di S.Giorgio a Cremano e dal comune di S.Sebastiano al Vesuvio. Viene bandito un concorso pubblico per individuare giovani tra i 14 e 35 anni che intendono entrare a far parte della redazione della web radio comunale. La webradio rientra nel progetto “giovani contro la violenza”, finanziato dalla regione Campania.