Trapani, 2 aprile 1985 – Un’autobomba destinata ad esplodere al passaggio della vettura blindata del sostituto procuratore Carlo Palermo, piazzata dalla mafia lungo una curva della frazione balneare di Pizzolungo.
Nello stesso istante in cui veniva schiacciato il pulsante del detonatore, però, tra quell’autobomba e la Fiat Argenta di Palermo si trovò di mezzo una utilitaria con a bordo Barbara Rizzo Asta ed i suoi due gemelli di sei anni, Salvatore e Giuseppe. Furono loro tre le vittime di quell’esplosione.
Tutti travolti e uccisi dalla violenza di Cosa Nostra, in quella che viene ricordata come “la strage di Pizzolungo”.
Obiettivo dell’attentato era il sostituto procuratore di Trapani, Carlo Palermo: era per lui l’autobomba posizionata sul ciglio della strada che da Pizzolungo conduce a Trapani. Trasferitosi nel febbraio di quell’anno dalla Procura di Trento, dove si era distinto per alcune indagini importanti sul traffico d’armi e di stupefacenti, in poche settimane di lavoro si era guadagnato una condanna a morte dalla mafia. Una tragica fatalità, però, lo salvò: la sua auto incontrò lungo il tragitto l’utilitaria guidata da Barbara Rizzo e la superò proprio nel punto in cui i sicari avevano posizionato la vettura con l’esplosivo. La mamma e i bambini fecero involontariamente da scudo e furono dilaniati.