Napoli sta vivendo uno dei momenti più critici della sua storia, in ambito sanitario principalmente. Dopo i vari episodi di malasanità e i continui servizi giornalistici che documentano un avanzato stato di deficit e degrado in tanti nosocomi di Napoli e provincia, lo scandalo dei “furbetti” dell’ospedale Loreto Mare, esploso appena qualche giorno fa, ha sancito il punto di non ritorno, quantomeno nell’indole dei napoletani che appaiono seriamente preoccupati ed esasperati da questo stato di cose.
Di seguito riportiamo la testimonianza inviataci dal signor Giuseppe Paesano, testimone oculare dell’ennesima vicenda che evidenzia le lacune di un settore di fondamentale importanza, poiché destinato ad occuparci del bene più prezioso che possediamo: la salute.
“Lo scorso 24 febbraio, alle 11.15, ero appena sceso dall’ufficio e, andando verso la mia macchina, sento un forte rumore e delle grida di aiuto. L’autore di quelle grida era il signor Mario, 75 anni, un cittadino qualunque che si è trovato al posto sbagliato al momento sbagliato ed è caduto dal motorino sbattendo la testa sullo spigolo della pista ciclabile. Fortunatamente aveva il casco e ha evitato il peggiore dei danni, ma si è lussato la spalla e probabilmente ha riportato anche qualche frattura. La parte “bella” viene adesso: chiamo il 118 alle ore 11:17 e, dopo un’ampia attesa per un operatore disponibile, mi risponde una signorina che dice che manderà al più presto la prima unità disponibile. Intanto intorno al signor Mario si è radunata una folla di curiosi, è accorsa una pattuglia della polizia a smistare il traffico e un medico (la signora in jeans e maglietta grigia in foto) che si trovava lì di passaggio. Dopo oltre mezz’ora d’attesa (erano le 11:50) e vari solleciti dei poliziotti in Centrale Operativa e ai vari colleghi di passaggio, dell’ambulanza nemmeno l’ombra. Richiamo io e, dopo altrettanta attesa, mi risponde la stessa operatrice di prima che mi dice che l’unico veicolo al momento disponibile era partito da Ponticelli che, per chi non lo sapesse, da Mergellina dista quasi 15 km. Dopo vari momenti di tensione e preoccupazione generale l’ambulanza arriva precisamente alle 12.06 e preleva il signor Mario che era disteso a terra, posizione in cui è rimasto tutto il tempo, per trasportarlo in uno degli ospedali più vicini.”
Il signor Giuseppe, come sarà accaduto a molti altri napoletani, in queste ore, in virtù delle scene alle quali ha assistito, non può fare a meno di porsi e porvi una serie di quesiti:
“Se lì ci fosse stato uno dei miei genitori, mio fratello o un mio amico come avrei reagito? È possibile che nella metropoli più grande del Sud, la terza in Italia, si debba aspettare quasi un’ora per ricevere un servizio sanitario che ciascuno di noi paga profumatamente? Ma, soprattutto, se il signor Mario si fosse fatto male in modo peggiore o avesse avuto un infarto, la colpa per la sua morte a chi sarebbe andata? Oggi, per la prima volta in vita mia, e mi fa male dirlo, mi sono vergognato di essere napoletano.”