In Italia, ogni anno, vengono spesi oltre 42 milioni di euro vengono spesi per risarcire ingiuste detenzioni e errori giudiziari.
Nel 2016 sono state 1001 le ordinanze emesse dagli organi giurisdizionali relativi a pagamenti effettuati per riparare ad arresti o processi.
Il record di 145 ordinanze emesse nel 2016 spetta alla Corte d’Appello di Napoli. Una situazione sulla quale il ministro per gli Affari regionali con delega alla famiglia, Enrico Costa, già viceministro della Giustizia nel governo Renzi, ha puntato l’attenzione: “Troppo spesso – precisa – si considerano fisiologici gli errori giudiziari e le ingiuste detenzioni, invece è un fenomeno patologico della nostra giustizia, di cui occorre comprendere le cause per affrontarle e risolverle”.
“Chi paga per questi errori? Solo lo Stato, e tra l’altro con tempi eccessivamente lunghi”, dice Costa, sollevando la questione della responsabilità dei magistrati e, in particolare, sull’abuso della custodia cautelare, usata come una sorta di “anticipazione della pena”; pena di cui poi, paradossalmente, manca la certezza una volta che la persona viene condannata.
A Napoli pendono circa un migliaio di richieste di misura cautelare mentre sono più di 12mila le sentenza passate in giudicato ma non ancora eseguite. Considerato che ogni sentenza può riguardare uno o più imputati, si può avere un’idea della situazione. In pratica, in carcere ci sono più presunti innocenti che certi colpevoli. E non c’è alcun errore dei magistrati in tutto questo, nel senso che il sistema prevede che i gravi indizi che nella fase iniziale delle indagini bastano a far arrestare un indagato non siano sufficienti a determinarne la condanna. Perché per arrestare servono indizi, per condannare prove. E la soluzione non può essere ridurre drasticamente il ricorso alla misura cautelare e accelerare i tempi dei processi.