“E’ una giornata importante: la Regione finanzia con 230 milioni di euro di fondi del Patto per la Campania il piano per realizzare gli impianti di compostaggio che servono a lavorare l’umido che proviene dalla differenziata. Da simbolo di disastri ambientali, la Campania diverrà la Regione della gestione ambientalista del ciclo dei rifiuti“: queste le parole di cui si è avvalso il governatore della Campania Vincenzo De Luca, durante una conferenza stampa a palazzo Santa Lucia, in cui sono stati presentati i 18 siti individuati per lo smaltimento dell’umido.
In totale, sono 12 i nuovi impianti di compostaggio: Napoli-Ponticelli, Afragola, Pomigliano d’Arco, Marigliano, Cancello ed Arnone, Maddaloni, Rocca d’Evandro, Casal di Principe, Conza della Campania, Chianche, Fisciano e Castelnuovo Cilento) e 4 gli STIR (Tufino, Giugliano, Battipaglia e Casalduni) previsti oltre all’ampliamento dell’unico impianto di compostaggio già esistente a Salerno e il revamping di San Tammaro.
Dopo un incontro con i sindaci dei Comuni che hanno aderito alla manifestazione d’interesse per individuare i siti, la Regione ha stabilito che gli impianti saranno realizzati entro la fine del 2018.
Napoli avrà un impianto di compostaggio che sorgerà a Ponticelli, «proprio nell’area in cui era prevista la costruzione di un termovalorizzatore» ha invece affermato il vicensindaco di Napoli Raffaele Del Giudice. L’impianto avrà una capacità da 60.000 tonnellate annue; si prevede un investimento da 60 milioni di euro.
Il governatore De Luca lo ha definito un “passaggio decisivo per realizzare un ciclo dei rifiuti in Campania che renderà la Regione totalmente autonoma. E’ un passaggio importante anche per le famiglie: oggi – sottolinea – paghiamo almeno 50 euro in più per portare l’umido fuori Regione e questi soldi si scaricano poi sulle bollette che pagano le famiglie”. De Luca tranquillizza i cittadini delle località in cui saranno realizzati gli impianti “perché un conto sono i termovalorizzatori che emettono diossina, un altro gli impianti di compostaggio che non hanno emissioni”.
È davvero così?
I ricercatori americani raccontano ben altro.
Sia chiaro, considerando la portata degli investimenti e degli interessi in ballo, non si vuole sminuire o screditare il parere degli autorevoli esperti in materia presenti tra le mura della Campania o della nostra Nazione, ma il parere di alcuni dei ricercatori più autorevoli al mondo e per giunta del tutto super partes, perché in nessun modo condizionati o condizionabili, risulta quantomeno inequivocabilmente oggettivo.
La domanda è semplice: “GLI IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO RAPPRESENTANO UN PERICOLO PER LA SALUTE?”
A rispondere sono i ricercatori delle seguenti università: Marian University e University of North Alabama, esperti in biologia ambientale; Eastern Mennonite University, esperti in sostenibilità ambientale; University Of Wisconsin – Green Bay esperti in biologia umana, ed, infine, diversi luminari della Salk Institute for Biological Studies in California.
Prima di tutto, chiariamo cos’è il compostaggio: un processo di riciclaggio dei rifiuti organici attraverso il quale si ottiene un ottimo fertilizzante naturale, chiamato “compost”.
L’impianto di compostaggio può accogliere solo rifiuti della frazione umida, sarebbe a dire prodotti di scarto di cucina, verdura, uova, pesce, scarti di agricoltura e orticoltura. Pertanto, prima di considerare la realizzazione di un impianto del genere, bisognerebbe verificare che tale tipologia di rifiuti sia effettivamente differenziata dagli altri.
La prima condizione da garantire, quindi, affinché lo smaltimento dei suddetti rifiuti avvenga correttamente è sincerarsi dell’assenza di materiale di altra natura, erroneamente “intrufolatosi” nell’umido.
Non devono essere avviati al compostaggio i materiali sintetici, non biodegradabili o contaminati da sostanze pericolose o non naturali quali: plastica, gomma, materiali sintetici, vetro e ceramica, pile esauste, farmaci, legno verniciato o comunque trattato, truciolare, carta stampata o patinata, manufatti con parti in plastica o metallo, sacchetti dell’aspirapolvere, escrementi animali, ossa, fuliggine, cenere di carbone.
Quanti cittadini svolgono correttamente la raccolta differenziata?
Qualora nei sacchetti dell’umido finissero altre sostanze non componibili, prima di giungere tra le fauci dell’impianto di compostaggio, chi controlla cosa? E chi controlla che “il controllore” non commetta errori?
È doveroso precisare che questa tipologia di impianti, che è in fortissima crescita in tutta Italia, è spesso motivata dall’assimilazione alle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e quindi accede agli incentivi statali (incremento consistente del prezzo di acquisto da parte del gestore) e alla produzione di certificati verdi, senza i quali l’impresa sarebbe in perdita. Spesso questi sono il vero core business di tali impianti.
Gli “effetti collaterali” che all’unanimità vengono affrancati a un impianto di compostaggio sono: produzione di biogas, percolato, odori, emissioni in atmosfera di polveri sottili, odori, scarti e rifiuti, rumori, rischi sanitari, rischi idrogeologici, traffico e inquinamento.
Non vanno assolutamente sottovalutati i rischi legati alle emissioni derivanti dall’impianto in questione: gli esperti sottolineano come per ogni tonnellata di rifiuti in ingresso, il suddetto impianto potrebbe produrre fino a ben 482 kg di anidride carbonica, oltre ad altre sostanze, come ammoniaca e cloro, dei veri e propri veleni per l’organismo umano. E questo se i rifiuti in ingresso fossero ben differenziati. Altrimenti, se presenti scarti come residui vitrei, di imballaggio o addirittura residui metallici, l’inquinamento e i rischi per la salute aumenterebbero in maniera spropositata.
Inoltre, non va assolutamente trascurato l’incremento del traffico veicolare relativo al trasporto dei rifiuti verso l’impianto e del compost prodotto verso altre destinazioni. In aggiunta, se non trattati adeguatamente, i rifiuti umidi dell’impianto di compostaggio potrebbero generare cattivi odori con conseguenti rischi sia per i lavoratori dell’impianto stesso, sia per i residenti nelle vicinanze dell’impianto provocando quello che tecnicamente viene definito bio-aerosol, ovvero lo sprigionamento nell’aria microorganismi pericolosi per la salute in grado di provocare allergie, asma ed infezioni alle vie respiratorie.
Gli ambientalisti non esitano a definire l’impianto di compostaggio “mefitico e pericoloso” per l’integrità ecologica della zona in cui dovrebbe sorgere.
Un pool di esperti in materia del californiano “Salk Institute for Biological Studies” afferma che: “si tratta pur sempre di una discarica e non va dimenticato che emette insopportabili odori per i contenuti di materiale organico in putrefazione: CATTIVO ODORE=ARIA NOCIVA per la sopravvivenza! Tutto ciò che emana cattivi odori non fa bene alla salute. Non si dimentichi mai questa equivalenza quando si parla di impianti per il compostaggio in un luogo che prevede la formazione di “montagne” di rifiuti organici!”
I rischi per la salute ci sono. Lo conferma l’Inail, quantomeno per i lavoratori dell’impianto. C’è il rischio chimico dei composti organici volatili. La stessa massiccia emissione di anidride carbonica potrebbe modificare il microclima della zona.
Idrogeno solforato e ammoniaca: questi i principali composti organici volatili che gli impianti di compostaggio rilasciano nell’aria, facilmente rilevabili grazie al cattivo odore di cui si fanno portatori, se presenti in quantitativi ancora rilevabili dall’organismo umano: un forte odore, acre, come quello delle uova marce, questo il nuovo “Eau de parfum” che Comune e Regione regaleranno ai cittadini di Ponticelli.
E non si sa se augurarsi di percepire o meno questo odore nauseabondo: quando la percentuale di idrogeno solforato supera una certa soglia percentuale all’interno dell’aria, le mucose olfattive non sono più in grado di percepire “il cattivo odore” – spiegano gli esperti ricercatori americani – con conseguenze importanti sulla salute di chi respira quell’aria contaminata.
Degli effetti dell’idrogeno solforato e dell’ammoniaca rilasciati da un impianto di compostaggio, ne riparleremo a breve e in maniera più dettagliata.