Interpretare il lavoro di un pittore, come succede per ogni artista, richiede di collocarsi davanti alla sua opera, valutarne il risultato, ascoltare l’emozione che essa trasmette e reciderne i fili che la legano all’individualità privata, perché quei legami possono essere fuorvianti. Nel caso di Chicca Regalino, che espone dodici opere nel Foyer del Pan, dal 9 al 21 febbraio 2017, tale separazione risulta difficile. Le matrici pittoriche dei lavori presentati sono, infatti, immedesimate con la sua esperienza umana e con l’ambiente intorno e la fruizione è consentita solo a chi tenga presente la sua vita esistenziale e creativa.
Per indagare la realtà che ci circonda, spesso modificata dalle nostre stesse percezioni ed esperienze, l’artista con “Dettagli e Orme” titolo della mostra presentata da Angelo Trimarco, basandosi sull’analisi della storia, sempre attenta alle problematiche sociali e culturali, fortemente proiettata alla rivisitazione ed attualizzazione del mito, intende far riflettere sulle nostre radici, memorie, tracce, sentimenti ed emozioni, con tutte le implicazioni filosofiche che i temi trattati comportano. I lavori realizzati con sfumature e graffi cromatici e lo sfondo nero che occupa la maggior parte delle superfici dei supporti, riescono a rappresentare la fragilità della condizione di transizione, immanente alla nostra natura umana, spaziando dal figurativismo, action ed atmosfere espressionistiche, attraverso continui rimandi al surrealismo post-moderno e all’iper-realismo.
“Ho sempre lavorato con la figura umana- spiega Regalino- e la sua rappresentazione, ma questa volta ho rielaborato le esperienze passate alla luce di una nuova sensibilità. Questo modo di dipingere ha per me una grande immediatezza emotiva”. Usando e indagando molteplici e differenti linguaggi visivi: illustrazione, animazione, comunicazione, grafica, l’artista, che vive e lavora a Salerno, non poteva trascurare il disegno e la pittura.
Il percorso espositivo, che si presenta come una vera e propria riflessione per presentare la varietà della commedia umana attraverso le debolezze, le speranze, le sofferenze di tutti noi, soprattutto sulla condizione della donna in questo secolo, inizia dall’analisi della realtà, in particolare dalla figura umana da cui i ritratti di piccole dimensioni come verosimiglianza fisica e psicologica. La raffigurazione subisce un decentramento e una mutilazione. Le mani, in particolare le dita delle mani, i piedi e l’alluce diventano il fil rouge attorno al quale l’artista “annoda” il suo discorso. I dettagli di parti del corpo diventano nelle opere, dei totem, perdendo la loro qualità realistica, riuscendo a segnare inevitabilmente la distanza tra rappresentazione e figurativo. “L’orma, in quanto traccia, impronta e sintomo- scrive Trimarco- come sa l’artista, è trasalimento e allarme del reale e, insieme, della costellazione della pittura”.
Attraverso le proprie istanze stilistiche e concettuali, Regalino con i suoi lavori ritrova il sangue, la violazione, la ferita stessa per poi allontanarsi e prendere le distanze recuperando un’identità storica. La sua pittura in definitiva si sviluppa in una liturgia dipinta come una via di meditazione che esige un’affermazione di vita. I movimenti dell’anima prodotti dall’amore, dall’odio, dalla lotta politica sono cose che riguardano l’artista moderno per il quale anima e pensiero sono tutt’uno nell’opera, come lo sono nella storia, nella morale e nella religione.