Renato Di Giovanni: questo il nome del giovane giustiziato stamane, 27 gennaio, da una raffica di colpi di pistola, in via Montevergine a Soccavo. Il giovane, che aveva compiuto 21 anni da pochi giorni, aveva precedenti per traffico di droga ed era sottoposto all’obbligo di firma.
Di Giovanni vanta un passato da calciatore nel settore giovanile del Napoli, con gli azzurrini partecipò al Torneo di Viareggio nel 2014. Segnò un goal contro la squadra australiana dell’APIA Leichhardt.
Da tutti era considerato un talento del calcio. Una storia tutt’altro che inusuale tra le rovine dei quartieri di periferia dilaniati dalla camorra, dove il calcio è molto di più di un semplice diletto ed assume gli speranzosi tratti della valvola di sfogo e dell’opportunità-salvavita, in grado di sottrarre delle giovani vite dalle fauci di quel feroce destino imposto dalla criminalità organizzata.
Un’opportunità concreta per Renato che ha realizzato il sogno coltivato da milioni di bambini napoletani: vestire la maglia azzurra, intraprendendo un cammino che avrebbe potuto e saputo prospettargli una carriera brillante e una vita invidiabile. Così non è stato e la vita di una giovane promessa del calcio è stata spezzata in quello che sembra avere le caratteristiche di un agguato di stampo camorristico.
Nell’ottobre del 2016 Di Giovanni era già finito nel mirino dei carabinieri in un’operazione antidroga che portò all’arresto di cinque giovanissimi, tra cui la vittima, sorpresi a spacciare in via vicinale Palazziello a Soccavo, zona egemone del clan Vigilia.
Il giovane era il figlioccio di un noto ultrà del Napoli, Alberto Mattera, leader degli Ultras 72 insieme a Vincenzo Busiello.
Balzato agli onori della cronaca nel 2007, al culmine di un’inchiesta scaturita in seguito agli scontri tra tifoserie avversarie del 20 settembre 2003, durante Avellino-Napoli e che provocarono la morte del giovane supporter azzurro Sergio Ercolano, Mattera fu accusato di estorsione e violazione della legge sulle armi, oltre che di far parte del gruppo di supporters che attraverso ogni forma di pressione nei confronti della società – quale l’uso strumentale di trasmissioni televisive a livello locale, al fine di mandare messaggi di volta in volta di vicinanza o forte critica all’operato del Napoli Calcio – cercava di estorcere ottenere biglietti, agevolazioni e benefit di varia natura.
Alberto Mattera e Vincenzo Busiello, capi degli Ultras 72, e il loro ”braccio destro” Vittorio Puglisi, furono anche accusati di associazione per delinquere ”allo scopo di commettere un numero indefinito di delitti di danneggiamento, incendio, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, lancio di oggetti contundenti”. Busiello e Mattera – più volte denunciati per episodi di tempismo – furono anche arrestati per una rapina avvenuta il 15 gennaio 2006 ad Arezzo e componenti degli Ultras 72 si resero responsabili di un’aggressione con spranghe e catene ai danni di tifosi laziali sull’autostrada nel territorio del comune di Sinalunga.
Busiello e Puglisi sarebbero anche responsabili dell’incendio appiccato alla tribuna stampa del San Paolo il 27 gennaio 2005: un atto di intimidazione contro dirigenti e giornalisti ”rei” di non aver saputo evitare la retrocessione in serie C. A loro la Digos è risalita attraverso l’esame delle celle telefoniche e a intercettazioni.
Una morte che mostra il lato “marcio” del calcio e che lascia intravedere gli intrecci e le dinamiche che non di rado portano all’insorgenza di episodi di violenza, dentro e fuori dagli stadi.
Una morte che racconta l’infausto destino di un giovane che aveva tutte le carte in regola per ambire a diventare un calciatore di successo e che, invece, per mano della camorra, ha perso la partita più importante.