Riccardo Orioles è un giornalista antimafia, vittima di un’ingiustizia che oggi non gli permette di avere accesso a una pensione dignitosa per continuare le cure per le sue patologie cardiache e gli acciacchi dovuti all’età.
«La sua carriera vissuta da scrittore e giornalista con la “schiena dritta” non gli ha riconosciuto una pensione degna di questo nome», scrive il giornalista Luca Salici.
La vicenda viene raccontata così in una nota allegata alla petizione di change.org: “Mi chiamo Luca Salici e sono un giornalista nato a Catania 34 anni fa. Vivo e lavoro a Roma da un decennio. Ho un bimbo di 9 mesi, una splendida moglie e oggi mi sento sereno, anche se per la nostra generazione contraddistinta da una profonda precarietà – economica e quindi esistenziale – subisco gli alti e bassi di un Paese che ogni tanto dimentica di offrire sostegno ai suoi cittadini.
Da tempo non sopporto un’ingiustizia ai danni di una persona che reputo un grandissimo professionista, un maestro di vita per tanti giovani, un uomo che tutto lo Stato e il popolo italiano dovrebbero riconoscere come un grande intellettuale e scrittore. Mi riferisco a Riccardo Orioles, 67 anni, giornalista e fondatore de “I Siciliani” insieme a Pippo Fava – direttore della testata, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984 – e ad una serie di “carusi” (giovani) nati e cresciuti alle pendici dell’Etna.
Riccardo Orioles oggi vive a Milazzo, sua città natale, con una pensione di vecchiaia che non gli consente di continuare le cure per le sue patologie cardiache e gli acciacchi dovuti all’età. La sua carriera – vissuta da scrittore e giornalista con la “schiena dritta” come si suol dire tra quelli che pensano a lui ogni tanto e magari gli danno anche una pacca sulla spalla – purtroppo non gli ha riconosciuto una pensione degna di questo nome: Riccardo ha ottenuto contributi pensionistici solo per quattro anni di lavoro.
La verità è che la libertà ha un prezzo, e quella di Riccardo – forse una delle penne (ancora in vita fortunatamente) più importanti d’Italia – è costata a lui più di qualunque altro, come racconta benissimo il videodoc di Elena Mortelliti. Certamente le scelte professionali di Riccardo Orioles sono state diverse da tutte quelle dei suoi colleghi. Ma nessuno credo possa ritenerle giuste o sbagliate. Riccardo dal 6 gennaio 1984 ad oggi lavora per formare nuove generazioni di giornalisti: da Nord a Sud dell’Italia centinaia di cronisti, direttori e redattori di varie testate hanno trovato in lui un maestro della professione, della deontologia, dell’inchiesta. Soprattutto antimafia.
In questi anni a poco sono serviti gli appelli all’Ordine dei Giornalisti e alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Riccardo continua a non arrivare a fine mese, sebbene continui a “lavorare”, svolgendo un prezioso incarico di formazione e consulenza per tanti colleghi giornalisti. In un cassetto conserva solo quei quattro anni di lavoro retribuito e “in regola” che ha avuto nella vita: un giornale importantissimo per l’antimafia e il nostro Paese come “I Siciliani” – prima e dopo l’uccisione di Pippo Fava – non ha mai avuto la stabilità finanziaria ed economica sufficiente per regolarizzare le posizioni di tutti i redattori e collaboratori.
Per questo Vi chiedo di far accedere Riccardo Orioles alla “Legge Bacchelli”, norma che ha istituito un fondo a favore di cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità. Sarebbe l’unico modo per far usufruire di un contributo vitalizio utile al suo sostentamento. Il giornalista milazzese gode di tutti i requisiti per accedere all’aiuto: la cittadinanza italiana, l’assenza di condanne penali irrevocabili, la chiara fama e meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte. Come lo scrittore Riccardo Bacchelli, per il quale è stata approvata la legge n.440 dell’8 agosto 1985.
Mi piacerebbe che le Istituzioni riconoscessero in vita il valore di un intellettuale come Orioles, e non lo facciano ipocritamente solo dopo la sua morte.”
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