Le lesioni interne causate dagli abusi “cronici” su Fortuna Loffredo erano “visibili ad occhio nudo”: inizia così la testimonianza-choc di Giuseppe Saggese, ginecologo consulente della Procura, durante la quarta udienza.
Fortuna Loffredo aveva 6 anni ed è stata uccisa il 24 giugno 2014 al Parco Verde di Caivano. Molti i passaggi di quanto accaduto in quel terribile giorno non sono ancora stati chiariti, ma ora le constatazioni del ginecologo aggiungono dettagli fin qui inediti che concorrono a far luce intorno ad una vicenda avvolta in un fitto mistero.
Sono molti, infatti, i passaggi delicati nella deposizione del perito, in particolare quello riferito all’esame dell’apparato anale della bimba, dove è stato rilevato “un traumatismo segno di un abuso cronico”. “E’ bastato poco per capire che si trattava di abusi reiterati nel tempo. Abusi avvenuti non nelle ultime 24 ore di vita della piccola, ma che andavano avanti da almeno un anno e che avevano causato una situazione talmente grave che per classificarla non è stato necessario ricorrere ai protocolli di classificazione elaborati dalle università che solitamente usiamo. Si vedeva a occhio nudo”.
“Ho quarantasei anni di attività – ha detto con commozione il ginecologo – e non ho mai visto uno scempio tale su una bambina e noi periti intendiamo abusi tutt’e quello che penetra nel corpo di una vittima. Per le violenze subite, Fortuna soffriva di incontinenza fecale”.
Un racconto dell’orrore quello del dott. Attilio Mazzei, specialista su abusi e maltrattamenti su minori, che ha visitato la figlia più piccola di Marianna Fabozzi, ospite della casa famiglia “L’isola dei marmocchi”. Il primo teste è stato un carabiniere della tenenza di Caivano.
È nei disegni, e non nelle parole, che non poteva pronunciare «perché condizionata dalla famiglia», la verità su Fortuna Loffredo. Emerge dell’interrogatorio reso oggi – tra pause di commozione e qualche lacrima – dalla psicologa Rosa Cappelluccio (che ha affiancato gli inquirenti durante le indagini). La psicologa parla degli incontri avuti con le figlie di Marianna Fabozzi, imputata con Raimondo Caputo nel procedimento penale sulla morte della bambina. Una delle bimbe, amichetta del cuore di Fortuna, venne ascoltata il giorno stesso della tragedia nella caserma dei carabinieri di Casoria. Lì disegnò Fortuna, che ballava, in presenza di un adulto, e poi una tomba, benché poco prima avesse riferito di non sapere la sorte subita dalla sua amica. Anche nei disegni che farà successivamente emerge il disagio.
In aula la psicologa ha letto un passo del diario di una delle bimbe che scrive “vorrei che tutto si risolve”, “Caputo è sozzo e deve pagare”.
Ma proprio mentre la mamma di Fortuna continua a sostenere che sua figlia non ha subito violenze, Pietro Loffedo, il padre di Chicca, si è messo ad urlarle contro: “Bugiarda, bugiarda”. La donna, durante la “protesta” del marito ha rivelato che, alla nascita di Fortuna, Pietro diceva che la bimba non era sua figlia. Vista l’agitazione dell’uomo, gli agenti lo hanno allontanato dall’aula.
Domenica Guardato, quindi, ancora una volta, nonostante abbia ascoltato il medico legale e il ginecologo, non crede alle violenze sessuali sulla figlia così come ipotizzate a seguito di quanto emerso dall’autopsia e dice che la bimba non aveva dolori nel posteriore.
“Non credo alle violenze sessuali – esclama – l’unico errore che ho fatto è stato quello di non nominare un perito quando si è fatta l’autopsia. Mia figlia parlava. E non ha mai detto niente a me, alle maestre, alle assistenti sociali. Ha solo parlato di bruciori davanti, così andammo dalla dottoressa che mi diede una pomata senza visitarla”.
“Caputo – ha continuato la mamma di Fortuna – era davanti alla mia casa quando è morta la mia bimba e mentre correvo verso l’ascensore, mi ha detto che mia figlia era caduta giù. Non mi sono fermata a parlare, sono corsa via, volevo solo correre giù al palazzo e sapere che cosa era successo a mia figlia”.
Gli imputati per l’omicidio della piccola restano Raimondo Caputo e Marianna Fabozzi. La donna è stata accusata di aver coperto gli abusi sessuali di Caputo su Fortuna e sulle sue figlie.