Una notte da incubo che segue una giornata ancora più sofferta, quella insorta all’indomani dell’esito del referendum costituzionale per Matteo Renzi, che questa sera, dopo aver riunito il consiglio dei ministri, salirà al Colle per rassegnare le sue dimissioni da presidente del Consiglio. Questa mattina si è già recato al Quirinale per un colloquio informale, durato oltre un’ora, con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Ci abbiamo provato e non ce l’abbiamo fatta – ha detto ieri notte in lacrime, quando era già chiaro che il No avrebbe stravinto – mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta”. E oggi ha riproposto sul suo profilo Facebook il video sui mille giorni del suo governo.
Diverse le ipotesi sulle sorti del governo post-Renzi. Mattarella potrebbe decidere di accettare le dimissioni del premier solo dopo l’approvazione della legge di Bilancio. Oppure potrebbe affidare l’incarico a Pier Carlo Padoan (che oggi non è partito per Bruxelles per partecipare all’Eurogruppo ma ha mandato al suo posto il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via), con l’obiettivo di traghettare il Paese fino a nuove elezioni. Una prospettiva, quest’ultima, che non dispiace all’Europa. Intanto le forze politiche sono divise tra chi vorrebbe andare subito alle urne (M5s e Lega) e chi prospetta un esecutivo di transizione senza Renzi (Forza Italia). Mentre il Pd, che ha rinviato la direzione a mercoledì pomeriggio (inizialmente era prevista per domani), non esclude l’ipotesi di un reggente prima del congresso del partito.
Da parte sua il Capo dello Stato ha cercato di stemperare il clima di incertezza con parole di incoraggiameno: “L’alta affluenza al voto – ha detto in una nota – registratasi nel referendum di ieri, è la testimonianza di una democrazia solida, di un paese appassionato, capace di partecipazione attiva”. E ha aggiunto: “Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all’altezza dei problemi del momento”.
La direzione dem è stata fissata per mercoledì: non è escluso che Renzi si dimetta anche da segretario. Nel frattempo, i 5 Stelle cambiano idea sulla modalità del voto: fino a qualche giorno fa criticavano l’Italicum e spingevano per un sistema proporzionale. Ora – forse perché sicuri di vincere – pur di andare subito alle elezioni, accettano anche il tanto criticato Italicum. Beppe Grillo e i suoi chiedono di andare al voto “il prima possibile”. Ma con quale legge elettorale? Dettano la linea del Movimento, con un post nel blog di Beppe Grillo, i parlamentari Vito Crimi e Danilo Toninelli. “Ora – spiegano – ci troviamo con due leggi elettorali tra Camera e Senato molto diverse. Alla Camera è l’Italicum. La nostra soluzione è applicare la stessa legge (Italicum, ndr) al Senato su base regionale”. “È sufficiente aggiungere alcune righe di testo alla legge attuale per farlo e portarla in Parlamento per l’approvazione”.
Il Movimento già nella notte del referendum aveva annunciato di preparare “la futura squadra di governo” e la candidatura di Luigi Di Maio. Ma il vicepresidente della Camera ha diversi avversari interni, a cominciare dagli ex compagni di direttorio Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Tra i papabili per la corsa alla premiership pentastellata circolano anche i nomi di Alessandro Di Battista e della sindaca di Torino Chiara Appendino.
Il centrodestra, invece, si divide sui tempi delle elezioni: il fronte “lepenista” composto da Lega e Fdi le vorrebbe subito, con il leader del Carroccio Matteo Salvini che rivendica il suo ruolo di “alternativa seria”. Più prudente la posizione di Forza Italia che auspica il voto dopo una nuova legge elettorale. Silvio Berlusconi si attribuisce il merito di aver convinto i moderati a votare No e si dice “pronto a un governo di larghe intese”. Ma è il Pd che adesso ha “il diritto-dovere di formare una nuova maggioranza e un governo senza Renzi”, come ha sottolineato ieri il capogruppo dei deputati azzurri Renato Brunetta.