La notizia che ha scosso il mondo, destando immediate reazioni da parte delle figure politiche ed istituzionali dell’intero pianeta, ma anche tra il popolo del web: Fidel Castro è morto a Cuba all’età di 90 anni alle ore 22,29 (le 4,29 italiane). A dare la notizia è il fratello, Raul Castro, alla tv nazionale cubana. Aveva lasciato il potere una prima volta nel 2006, a causa di una diverticolite all’intestino, e definitivamente nel 2008, proprio al fratello Raul.
Il governo dell’Avana ha deciso di tributare al ‘líder maximo’ nove giorni di lutto nazionale, i funerali si svolgeranno il 4 dicembre.
Nato sotto il segno del Leone il 13 agosto del 1926, Fidel era laureato in legge. Castro entra di diritto negli annali della storia per il suo ingresso trionfale all’Avana, l’8 gennaio del 1959, in piedi su una jeep all’età di 32 anni.
Alto 1.90, molto miope, con una lunga barba e una divisa militare verde oliva. Si è già sposato e ha divorziato. Ha tre figli: Fidelito, nato dal matrimonio con Mirta Diaz Balart; Jorge Angel e Alina, frutto di due relazioni extraconiugali. È già stato in carcere per aver guidato, sei anni prima, un disastroso assalto di ribelli al cuartel Moncada, una caserma dell’esercito vicino a Santiago, la seconda città dell’isola. Arrestato e condannato a 15 anni, ne sconterà poco più di uno. È stato in esilio diciotto mesi, fra Messico e Stati Uniti. E il 2 dicembre del ’56, è tornato clandestinamente con un piccolo yacht, il “Granma”, e 88 compagni. La maggior parte moriranno subito dopo lo sbarco ma, insieme a lui, una quindicina – dodici come gli apostoli secondo la leggenda – riusciranno a raggiungere le montagne, la Sierra Maestra, per dare inizio alla guerriglia vittoriosa. Quell’8 gennaio Fidel Castro è già il capo indiscusso di una rivoluzione che allora nessuno sa dove andrà, ma che ha appena liberato Cuba, l’isola più grande dei Caraibi, da un dittatore, Fulgencio Batista, legato alla Mafia italo-americana e a Lucky Luciano, che nella notte di Capodanno del ’59 è volato via con 100 milioni di dollari e pochi fedelissimi per rifugiarsi nella Repubblica Dominicana.
L’impatto mondiale del trionfo di quell’esercito composto da non più di 800 guerriglieri in tutto, è immenso.
I rapporti di Fidel Castro con la famiglia non sono mai stati facili. Suo padre, don Angel, gestiva una fattoria di 10mila ettari e coltivava la canna da zucchero, a Biran nell’Oriente dell’isola. Sua madre, Lina, era la giovane colf che don Angel aveva sedotto ma che sposerà solo nel 1943, quando Fidel ha 17 anni, dopo la morte della sua prima moglie. Don Angel, che manteneva Fidel e Raul nei loro studi all’Avana, si rifiuterà di partecipare al matrimonio di suo figlio con Mirta Diaz-Balart nel 1948 perché voleva che studiasse e diventasse avvocato. Morirà nel ’56 mentre Fidel e Raul sono in esilio a Città del Messico. Ma l’episodio più tragico che dividerà per sempre la famiglia Castro è del 1964 quando Juanita, la sorella minore, lascia Cuba diretta in Messico dove rivela di aver lavorato, contro i due fratelli, come agente della Cia. Nome in codice: “Donna”. A provocare il tradimento di Juanita era stata la condanna a morte di Humberto Sori Marin, comandante dell’esercito rivoluzionario sulla Sierra che dopo la vittoria si oppose alla svolta marxista-leninista organizzando una ribellione armata.
Fra il 1963 e il ’64 con due viaggi a Mosca Fidel Castro stringerà l’alleanza con l’Urss e il Patto di Varsavia che collocherà definitivamente Cuba nell’orbita dei paesi socialisti. Il primo effetto sarà il dissenso con Che Guevara che deluso (la sua opinione è che l’Urss sia per il Terzo mondo una potenza imperialista come gli Stati Uniti) si allontanerà progressivamente dal gruppo dirigente cubano fino alla tragica avventura in Bolivia dove verrà assassinato nell’ottobre del 1967. L’alleanza con Mosca modifica un po’ tutte le idee e progetti dei primi anni della Rivoluzione quando anche Fidel Castro puntava sull’industrializzazione di Cuba per rompere le catene della monocultura dello zucchero. Negli anni successivi l’isola si riempirà di consulenti sovietici e, sotto l’impulso di Raul, che sarà sempre il più filo-Mosca tra i dirigenti cubani, attuerà i piani quinquennali, la burocrazia, e soprattutto il sistema di controllo, mutuato dal Kgb, voluti dall’Urss. Fino alla fine degli anni Ottanta, Cuba scambierà con il Patto di Varsavia zucchero con aiuti di tutti i generi: dalle lattine di fagioli per i soldati, alle auto, ad ogni altro genere di prodotto e aiuto.
L’Urss investirà miliardi per conservare l’avamposto strategico di Cuba a 90 miglia dagli Stati Uniti. E per Fidel saranno anni abbastanza dorati nel corso dei quali l’isola sarà portata ad esempio per la qualità del suo socialismo: scuole e ospedali soprattutto. Il leader cubano sarà costretto però a tenere a freno tutte le velleità rivoluzionarie nel resto del continente americano anche se continuerà a finanziare guerriglie in po’ ovunque. Per compiacere Mosca approverà l’invasione di Praga mentre all’interno dell’isola si stringeranno sempre di più i cordoni della censura, la caccia al dissidente e il conflitto con gli intellettuali. Il caso più famoso della “sovietizzazione” del socialismo caraibico sarà, nel 1970, l’arresto di Heberto Padilla, un poeta che aveva scritto versi critici e che sarà costretto ad una pubblica abiura. Il caso Padilla provocherà la rottura del regime cubano con numerosi intellettuali europei e latinoamericani. Ma Fidel resterà per molti anni ancora un “tiranno fashion”, coccolato e vezzeggiato da molti, come Oliver Stone e Garcìa Màrquez. Il momento più critico degli anni “sovietici” sarà nell’aprile dell’80 con quello che si ricorda come “l’esodo del Mariel” (per il nome del porto) quando migliaia di cubani raggiunsero gli Stati Uniti grazie ad un accordo con il presidente Carter dopo giorni di proteste nelle strade dell’Avana. Poi le cose fileranno lisce fino all’89. L’avvio della perestrojka nell’Urss avrà molti estimatori a Cuba. Primo fra tutti Raul, il fratello minore del lider maximo. Invece Fidel vedrà immediatamente nelle riforme di Gorbaciov l’inizio della fine. E si batterà contro tutti per evitare qualsiasi contagio.
Così mentre il socialismo reale implode, il tempo a Cuba verrà scandito dalla ‘Causa numero 1’, il processo contro alcuni uomini molto importanti della nomenclatura castrista: il generale Orlando Ochoa, eroe dell’Angola; e i due gemelli Tony e Patricio de la Guardia, cervelli di molte operazioni segrete. Una epurazione interna, Ochoa e Tony de la Guardia furono condannati a morte e giustiziati, che servì soprattutto a serrare, con il terrore, le fila intorno al comandante en jefe nella fragilissima stagione della perdita dell’Urss. Con gli anni Novanta inizia il periodo più travagliato per il regime. Mosca chiude i rubinetti dei fondi a perdere iniettati per più di un quarto di secolo nell’avamposto socialista dei Caraibi. L’economia crolla e Cuba, che importa quasi tutto quello di cui ha bisogno, entra in una drammatica carestia che Fidel battezzerà come “Periodo especial” imponendo sacrifici alla popolazione in nome di nazionalismo, indipendenza e socialismo. Per salvarsi, dopo anni di autarchia finanziata da Mosca, Cuba spalancherà le porte al turismo e alle rimesse degli esuli. Un processo che, con la liberalizzazione dell’uso dei dollari, cambierà il volto dell’isola rovesciandone la piramide sociale. Ricchi diventano tutti quelli che hanno relazioni con il turismo del biglietto verde: impiegati d’albergo, taxisti, jineteras; poveri e poverissimi gli insegnanti, i medici, i funzionari di Stato.
L’ultimo fenomeno degli anni Novanta saranno i “balseros” in fuga verso la Florida sulle zattere. Boat people disperati spinti via dalla fame. Infine a partire dal 1998 la Cuba di Fidel riuscirà in parte a sostituire quello che fu l’ombrello sovietico con il Venezuela di Chavez. Greggio e fratellanza ideologica. Tra il ’92 e il 2006 Fidel Castro ha due gravissime crisi per la diverticolite all’intestino. Tutte e due le volte rischia la morte dopo l’intervento chirurgico. Nell’estate del 2006 cede temporaneamente il potere ad una giunta formata da fedelissimi insieme al fratello Raúl che nel 2008 gli subentra definitivamente come presidente e capo del partito (Pcc).
Fifel lascia, insieme alla moglie Dalia, più di dieci figli, solo sei legittimi da due matrimoni. Una scia di grandi passioni senza mediazione tra l’amore e l’odio più viscerali. E più di tre milioni di esuli dispersi tra Stati Uniti, Messico e Spagna. L’ultima grande stagione politica di Fidel Castro fu quella che si ricorda come la Primavera Negra del 2003 e dei cosidetti “Talibani”, un gruppo di giovani dirigenti a lui fedelissimi, uniti nella difesa dei principi del socialismo nell’isola. Una settantina di esponenti dell’opposizione, tra cui il poeta Raúl Rivero, che oggi vive tra Madrid e Miami, vennero incarcerati, processati e condannati a pene pesanti. Ma furono gli ultimi fuochi. In poco tempo Raúl smontò gran parte del sistema costruito dal fratello, sostituendo i funzionari civili con i militari che lui aveva formato e cresciuto come Capo delle Forze armate di Cuba. E concedendo molte nuove libertà, come il passaporto per viaggiare all’estero, assolutamente proibito negli anni di Fidel.