“Napoli Sound”, il primo talent show dedicato alla musica neomelodica, è andato in onda ieri, 18 novembre, in seconda serata, su Real Time. Un virtuale passaggio del testimone tra le cerimonie del “Boss” Don Antonio Polese che ha ceduto il posto e riflettori ai giovani aspiranti cantanti neomelodici che hanno partecipato alle audizioni, sotto la vigile guida di due icone di genere: Luciano Caldore e Nancy Coppola.
Luciano Caldore, classe 1974, è uno dei miti intramontabili che hanno dettato legge negli anni ’80 e ’90. Interprete di brani che da decenni vengono scanditi dalle teenager, come “T’amo e t’amerò” e “Sempe sempe”, Caldore ha recitato anche in due film, accanto a Barbara Chiappini e Laura Chiatti. Indimenticabile il videoclip del suo cavallo di battaglia “Pazzo d’amore” che si apre con un “salto all’indietro” frutto di un fotomontaggio ad opera di uno dei videomker napoletani più acclamati.
Nancy Coppola è senza ombra di dubbio la cantante neomelodica più celebre e seguita, soprattutto dal parterre dei giovanissimi. Tra i suoi brani più celebri vanta diverse featuring con alcuni dei cantanti più acclamati, non solo “Te voglio bene” il brano interpretato in coppia con Luciano Caldore e portato alla ribalta proprio dal format in onda su Real time, ma anche duetti con autentiche celebrità, come Enzo Caradonna e Alessio.
Proprio la cantante, protagonista del format andato in onda tra critiche e consensi, – resa già celebre da Real Time per alcune performance durante le cerimonie raccontate nel corso del seguitissimo programma ospitato nello sfarzoso castello di Don Antonio – esterna sui social il suo pensiero: “Ti criticheranno sempre nella vita, qualsiasi cosa tu faccia che sia brutta o che sia bella. Se fai parte della musica Neomelodica? sei ridicolo, ignorante e vergognoso. Persone che vedono sempre con l’occhio maligno…ma voi alla fine non avrete mai bene dalla vita perché siete arraggiati e privi di emozioni. Mi sono costruita da piccola con tanto di sacrifici e volenterosa di dimostrare e senza offesa a nessuno ho sempre fatto centro ” SEMPRE ” e i fatti parlano…. ” NAPOLI SOUND ” il primo talent dedicato ai Neomelodici e non al caso hanno scelto la sottoscritta come protagonista. Siamo in cima per i milioni di ascolti e dico grazie a tutti coloro che hanno seguito il programma, a chi sia piaciuto e a chi no. Io l’ho fatto mettendoci tutta la buona fede per cercar di dimostrare che a Napoli abbiamo anche i grandi talenti…parlando dei ragazzi non escludendo il Grande Luciano Caldore che è stato uno dei più grandi fenomeni che abbiamo avuto negli ultimi 20 anni. Mettetevi in testa che a Napoli esiste una realtà, quella dei Neomelodici che vale a dire (Nuova melodia) che per vostra disperazione funzionano e anche tanto.”
In verità, la maggior parte dei napoletani è insorta al cospetto dell’ennesimo “sputtanapoli” che cavalca stereotipi e luoghi comuni, macinando spettatori “facili” basandosi sul “festival del trash”, a base di outfit appariscenti, scivoloni grammaticali e dei “vorrei salutare mio padre ospite dello Stato” che rappresentano una fetta della torta, ma non l’ingrediente dominante di un’essenza ben più poliedrica ed eterogenea, come l’anima partenopea professa incessantemente d’essere.
Il genere neomelodico dilaga, questo non si discute, ma a Napoli a tenere realmente in piedi il mercato musicale è tutt’altro stile: l’hip hop napoletano.
Tant’è vero che, negli ultimi anni, a conquistare la ribalta nazionale ed internazionale, sono i più prodigiosi esponenti di questa corrente culturale che si estende ben oltre la musica, abbracciando la Street art, la breaking, il ballo e anche la moda.
Clementino, Rocco Hunt, Enzo Dong, Luchè, ‘Ntò, questi ultimi resi celebri dalle colonne sonore di Gomorra, la serie tv alla quale, – tra i tanti demeriti – va riconosciuto il merito di aver attribuito agli stili musicali la più giusta e veritiera connotazione all’interno del contesto sociale napoletano.
Perché, se è vero che chi ascolta ed ama il genere hip hop, disdegna quello neomelodico, non è altrettanto vero il contrario: le rime e i versi rap napoletani, spopolano, all’unanimità tra le più disparate frange sociali, perché raccontano la cruda e rabbiosa realtà nella quale, soprattutto i giovanissimi, tutti i giovanissimi, vedono espresso il loro stato d’animo, oltre alla loro identità, in quel genere e in quel modo di utilizzare la lingua napoletana.
Una consapevolezza, quella insita nel potere dell’hip hop napoletano, che trova spazio in maniera inappropriata e ingenerosa tra gli spezzoni di “Napoli Sound”, attraverso l’utilizzo di due brani come mero sottofondo: “La rivoluzione” e “Napl’ sona”, ambedue portano la firma di Jovine, il secondo in featuring con Dope One. Due baluardi del “Neapolitan power” espresso dalla new School che racconta ed interpreta Napoli senza orpelli, fronzoli e vocalizzi tortuosi, andandone a scalfire la più ruvida ed essenziale identità, servendosi di note e rime, consapevoli del fascino insito nella semplicità di un’emozione che non necessita d’essere farcita di lustrini, tacchi vertiginosi, look appariscenti e stravaganze che facilmente sfociano nel ridicolo o trascendono nel cattivo gusto.
Anche tra i rapper pullulano storie di camorra e di giovani sfuggiti alle grinfie della criminalità che raccontano ed esibiscono quell’esperienza e il dolore che si portano dentro in maniera assai calzante e tutt’altro che sfarzosa, contribuendo a rilanciare quel messaggio sociale che esorta i giovani “a non sbagliare”, senza mai creare ambiguità, senza mai inneggiare alla camorra. Cosa che, non di rado, è accaduta e continua ad accadere attraverso i testi neomelodici.
Portare alla ribalta un concept inedito che rischia di scalzare un “prodotto vincente” sotto il profilo mediatico, come “il festival del trash”, pertanto, richiede un atto di coraggio che, evidentemente, un’Italia – su più fronti condizionata da talune correnti politiche – non vuole e non sa assumersi.
E, allora, Napoli deve essere raccontata così: cavalcando l’onda degli stereotipi “camorra, “presta libertà” e voce “a fronna e limone”, anche se non è così che realmente appare.