Lo scenario che attualmente si delinea tra le rovine dei “vecchi clan” è una costante che si ripete, in lungo e in largo, in tutte le terre di camorra napoletane.
Dalla periferia orientale a quella settentrionale, passando per quella occidentale, senza tralasciare “il cuore” della città, ovvero il centro storico cittadino: carcasse e relitti di clan in declino, sgominati da faide ed arresti, ma soprattutto dalla collaborazione con la giustizia di pentiti eccellenti. Quella flebile manovalanza che tuttora sopravvive alla morte e alle manette, cerca di rimettere insieme i cocci di un passato superato dalle evoluzione del sistema e dal quale “i nuovi camorristi” hanno ereditato soprattutto la fame di potere e la sete di sangue. Nuovi focolai di giovani clan emergenti che si alleano con quel che resta di vecchi clan o che scelgono di entrare in guerra contro questi ultimi: cambiano i nomi, i volti, le realtà territoriali, ma non la sostanza. Questo è quanto riproposto dalla camorra tra le strade di Napoli, – periferia annessa- questo il principio in nome del quale si spara, si lotta, si delinque.
La cartina geografia dell’assetto criminale della periferia orientale presenta una situazione eterogenea e mistificata tra le strade della municipalità più vasta e densamente popolata: la sesta, quella che comprende Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, il cosiddetto triangolo della morte.
Ogni quartiere, a sua volta, presenta un assetto criminale ben definito, con tratti peculiari che variano da quartiere a quartiere e una miriade di clan che si contendono fette di territorio estese, in alcuni casi o un rione o perfino una strada, in certi altri.
Tra le mura del quartiere di San Giovanni a Teduccio, la situazione sotto il profilo camorristico è più che ben delineata: da un lato i Formicola-Rinaldi-Reale, dall’altro il clan Mazzarella-D’Amico.
Una guerra, quella in corso a San Giovanni a Teduccio, che si combatte a suon di “stese” e raid intimidatori di vario genere. Spari contro abitazioni, agguati, gambizzazioni, si alternano incessantemente, come un incalzante “botta e risposta” tra due parti che non intendono lasciare neanche un fazzoletto di terra ai rivali e rivendicano la volontà di combattere fino alla stregua delle forze.
Al momento, ad avere la meglio, sono i Formicola: il clan d’appartenenza del baby-boss Gaetano Formicola, detto ‘o chiatto, e suo cugino Giovanni Tarallo, detto ‘o birillo, i due ragazzi che lo scorso inverno uccisero Vincenzo Amendola, seppellito in una fossa che lui stesso era stato costretto a scavare, in un terreno poco distante dal Bronx.
Gaetano Formicola, il 21enne figlio del capoclan Antonio, è accusato, insieme ad altre tre persone anche del tentato omicidio di Alfonso D’Amico, avvenuto nel 2013. Alfonso, nipote del boss Salvatore ‘o pirata, incensurato ed estraneo alle vicende del clan, finì nel mirino del clan rivale proprio perché bersaglio facile, ma lui non cedette ai propositi di vendetta della famiglia e raccontò tutto agli inquirenti, consentendo così alla giustizia di fare il suo corso.
Dopo il maxi-blitz della polizia in via G.Testa, che ha portato al sequestro di un ingente quantitativo di armi, riconducibili proprio al clan Formicola, l’organizzazione torna a finire nel mirino degli inquirenti.
Come acconto di un “pizzo” da 500 euro ai danni di un minimarket del quartiere San Giovanni a Teduccio si sono fatti consegnare 100 euro dai dipendenti: due persone, ritenute elementi di spicco del clan Rinaldi-Reale, alleato con i Formicola, sono state arrestate dalla Squadra Mobile della Questura partenopea con l’accusa di estorsione aggravata e continuata. Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, i due – Pasquale Esposito, 52 anni, e Luigi Luongo, 36 anni – si sono presentati almeno tre volte nel negozio, tra l’8 e 13 agosto, per chiedere una tangente per conto dei “compagni di San Giovanni”.
La conquista del territorio e la cacciata dei Mazzarella dal quartiere: questo l’intento che anima le gesta del sodalizio camorristico che, nel frattempo, non può trascurare “la necessità” di rifocillare le casse.