“Città violenta”, “centro del traffico di droga”, ”serbatoio di killers per la camorra”: definizioni che la città si porta dietro da anni senza riuscire a scrollarsi di dosso un’immagine di “terra di nessuno e di violenza”.
Queste parole potrebbero essere state tranquillamente estrapolate da qualche scritto accostabile alla cronaca contemporanea, invece, è l’incipit di un articolo risalente al 25 maggio 1984, dal titolo ancora più calzante: “Camorra, le mani sulla città”. A scrivere queste parole è un giovane occhialuto, animato dalla grande voglia di ricercare e raccontare la verità.
Quel desiderio di servilismo incondizionato verso una professione che fortemente intendeva fare sua e che gli calzava a pennello, come l’abito più confacente alla sua anima di cronista scalzo, di lì a poco, quel giovane ragazzo, lo pagherà con la vita.
La sera del 23 settembre del 1985, la camorra uccide quel ragazzo che pochi giorni dopo avrebbe compiuto 26 anni, mentre rincasava, a bordo della sua Mehari.
Una giovane vita spezzata per fermare il lavoro di quel giornalista: Giancarlo Siani.
Una professione che negli anni ’80 non beneficiava delle moderne corbellerie: pc, portatili, tablet, smartphone e via discorrendo.
Giancarlo scalfiva sul foglio le sue verità battendo i tasti di una macchina da scrivere.
La Lexikon 80 originale di Giancarlo Siani, la macchina da scrivere con cui scriveva i suoi pezzi di cronaca, in questi giorni è esposta al Museo della macchina da scrivere di Milano.
Paolo Siani, fratello del giornalista ucciso dalla camorra, su richiesta del fondatore e presidente del Museo Umberto Di Donato, ha concesso “che un oggetto così significativo, per la memoria del giornalista barbaramente assassinato e degli articoli che su quei tasti sono stati battuti, avesse un posto d’onore fra le altre macchine esposte“.
Molti degli articoli di Giancarlo, come lo stralcio sopra riportato, sono oggi raccolti nel libro, Fatti di camorra – Dagli scritti giornalistici (edizione IOD).