La prima segnalazione mi è giunta nel primo pomeriggio: “la polizia sta raccogliendo dei bossoli, in una delle strade che sbuca su via Botteghelle, nei pressi del supermercato, non molto distante dal commissariato di Ponticelli. Forse non è successo niente di grave o forse si, ho ritenuto opportuno avvisarti.”
A seguire, una raffica di messaggi, incalzanti al pari dei proiettili esplosi. Chi parla di una “stesa” chi, invece, vuole sincerarsi del fatto che io sia ben lontana da quella pioggia di proiettili e paura. E poi c’è chi, fin da subito, ha ben capito cosa è accaduto, oggi, 10 novembre, a Ponticelli, alla vigilia della strage del Bar Sayonara: uno sventato duplice agguato di camorra.
Nessun morto, solo due feriti.
Ma si tratta di “un pezzo da 90” e di uno che “se stava insieme a lui, forse tanto “buono” non era”: Luigi De Micco, 40 anni e Antonio Autore, 23 anni, sono stati feriti, raggiunti da colpi d’arma da fuoco, in un agguato in via Cupo Molisso, a Ponticelli.
Luigi De Micco, pregiudicato 40enne, è il fratello di “Bodo”: Marco De Micco, uno dei primi giovani a portare in strada “la moda” della camorra in versione young, quella fatta da tatuaggi, abbigliamento, mimica, gestualità, stile e ghigni da “bad boys”. Bodo: il nome di un personaggio dei cartoni animati che, in una terra di camorra, diventa un boss amato e idolatrato da centinaia di giovani, capaci perfino di tatuarsi il suo soprannome bardato da pistole oppure gli ideali che costituiscono la pietra miliare del clan del quale è fautore: “fedeltà”, “onore”, “rispetto”, “lealtà”. Parole che, nel rovesciamento della mappa concettuale ed etimologica che rappresenta uno dei tratti distintivi della camorra, assumono tutt’altra connotazione rispetto a quella che si vedono attribuire nel linguaggio comune.
Nello “Zanichelli” della camorra, il servilismo che si cela dietro quegli orpelli eternamente marchiati sulla pelle, urlano e rivendicano un senso del dovere da assecondare anche a costo della vita.
Luigi De Micco è ritenuto l’attuale reggente dell’omonimo clan, arrestato nel maggio del 2014 e tornato in libertà nel giugno del 2015, dopo la sentenza che lo ha assolto dalle accuse mosse da alcuni pentiti che lo additavano come la “mente finanziaria” dell’organizzazione, in quanto gestiva le scommesse online e la contabilità del clan guidato dai fratelli Marco e Salvatore, attualmente detenuti in seguito a una condanna rispettivamente di 8 e 12 anni.
Luigi De Micco, quest’oggi, mentre si trovava in compagnia di Antonio Autore, è stato raggiunto da un’auto a bordo della quale viaggiavano persone che indossavano caschi integrali e che hanno aperto il fuoco contro i due. La sventagliata di proiettili ha raggiunto a un fianco De Micco e alla schiena Autore. I due sono stati trasportati all’ospedale «Villa Betania», ma non sono considerati in pericolo di vita. Luigi De Micco è stato dimesso in serata dall’ospedale di via Argine di Ponticelli. Il pregiudicato ha riportato la compressione di una costola a causa di un proiettile penetrato nel fianco.
È stato invece trasferito all’ospedale «Cardarelli» Antonio Autore, ferito da proiettili alla schiena.
Gli agenti del Commissariato Ponticelli che indagano per far luce sull’agguato hanno recuperato sul luogo dell’agguato 15 bossoli calibro 7,65.
Al vaglio degli inquirenti anche le immagini di alcuni esercizi commerciali della zona che potrebbero fornire elementi utili alle indagini.
L’ipotesi più accreditata è quella dello sventato agguato: il gruppo di fuoco ha agito per uccidere almeno Luigi De Micco che, insieme ad Autore, è riuscito a mettersi in salvo.
Non c’è molta voglia di parlare tra i residenti in zona.
Qualcuno è caduto in contemplazione mistica ed è rimasto a fissare il cielo proprio mentre, a un palmo dal suo naso, si sparava contro bersagli umani, qualcun altro era troppo preso dalle sue faccende per prestare attenzione a “queste cose”.
Qualcuno, invece, si limita ad archiviare un agguato dalla dinamica surreale con una frase semplice ed eloquente: “una scena da film con il sangue vero.”
Il movente dell’agguato non è difficile da ipotizzare: si tratta dell’ennesimo tassello che si incastona nella lunga scia di sangue generata dal declino del clan Sarno.
A Ponticelli, tutt’oggi, non esiste un’organizzazione criminale egemone, ma relitti di aspiranti clan che, come pugili sfiniti dal peso di decine di round, provano a raccogliere le ultime forze per sferrare un colpo che possa valere la vittoria.
Eppure, quando a salire sul ring è la camorra, l’esito del round è sempre e solo uno: perdono tutti. Anche gli spettatori, soprattutto loro.