Duemila lettere di licenziamento sono già pronte e verranno spedite entro la prossima settimana. E’ il triste epilogo di un tira e molla tra la Regione e i laboratori accreditati, in seguito alla decisione di trasformare la maggior parte dei centri in semplici prelievifici. Ora quella querelle rischia di trasformarsi in uno dei più gravi allarmi sociali degli ultimi anni in Campania.
«Siamo disperati – spiegano la presidente di Federbiologi Elisabetta Argenziano e la vicepresidente nazionale di Confapi Silvana Papa -, non comprendiamo perché la Regione abbia scelto di metterci in ginocchio con questa riorganizzazione della rete dei laboratori ingiusta e priva di alcun senso».
I numeri di questa “riorganizzazione” sono drammatici. Se alla fine del percorso si arriverà, come previsto, a tenere solo 12 unità accreditate unità accreditate, con una dimensione media di 380mila prestazioni, i licenziamenti saranno moltissimi. Si parla di 579 direttori responsabili (da 679 a 100) e di (almeno) 479 tecnici di laboratorio, cui dovranno aggiungersi le perdite delle unità lavorative (almeno sei unità per ciascuno di essi: oltre alle due figure indicate, si tratta del collaboratore professionista, del collaboratore amministrativo, dell’addetto ai prelievi e dell’addetto alle pulizie) di tutti quei laboratori che non potranno aggregarsi. Ipotizzando, ancora, che l’intera produzione dei privati accreditati della Regione Campania venisse assorbita da cinque grandi megacentri (questa è la prospettiva), gli addetti non più necessari sarebbero anche più di 2.000, si arriverebbe a quasi 3.500.
L’aspetto grottesco di questi primi 2.000 licenziamenti è che potrebbero essere evitati se solo la Regione scegliesse di prendere in esame il “modello rete contratto deliberato dalla regione Basilicata e in corso di applicazione anche in Calabria” dove, anche se in piano di rientro, si sta operando per salvaguardare professionalità e posti di lavoro. In questo senso la Campania sarebbe pronta, visto è già stata realizzata la Rete Contatto “RC Lab Federbiologi”.
E’ bene ricordare che la protesta risale al decreto regionale DCA 109/2013 che obbliga i laboratori accreditati con il Servizio sanitario nazionale (nel primo step quelli al di sotto delle 70mila prestazioni l’anno) a trovare una forma di aggregazione che di fatto trasformerà la maggior parte delle strutture in “prelievifici”, semplici centri di prelievo privi di qualsiasi funzione analitica sta comprensibilmente facendo tremare migliaia di lavoratori che nel giro di una settimana potrebbero ritrovarsi senza impiego.
A queste disposizioni sono seguiti numerosi altri decreti che hanno ridotto notevolmente lo spazio professionale dei laboratori esistenti, seppur aggregati, fino all’ultimo DCA 111/16, che ha addirittura reso impossibile la firma dei contratti per l’anno 2016 impedendo alle strutture di esistere e di fatturare al SSR le prestazioni erogate. I vertici amministrativi della sanità regionale hanno espressamente sollecitato i commissari a rivalutare il valore della rete contratto con relativa autonomia analitica degli aggregati per farla coesistere con ulteriori ipotesi di aggregazione.