Nell’era del 2.0, soprattutto al cospetto di disastrose sciagure di rilievo internazionale, – quali attentati terroristici, tsunami e terremoti – i social network rivendicano tutta la loro preponderante autorità nel diffondere notizie e reazioni malsane.
I social sono i canali più battuti e consultati per apprendere e diramare notizie: questo è un dato di fatto oggettivo.
Le dichiarazioni ufficiali delle autorità e delle personalità politiche vengono diramate attraverso Twitter, mentre su Facebook dilagano post dai contenuti eterogenei e disparati che tanto raccontano sulla psicologia di un popolo sempre più affetto dalla “sindrome da like”.
Negli attimi in cui l’Italia tremava per effetto di una sonora scossa sismica, moltissimi utenti di Facebook, piuttosto che scappare o mettersi al riparo, hanno “sfruttato la ghiotta occasione” per filmare le scene che ritraevano lampadari penzolanti per poi postarle sul popolarissimo social.
Un popolo anatomicamente modificato dall’abitudine di tenere la testa china verso la tastiera del cellulare e ancor più forgiato a immagine e somiglianza del culto dell’apparire fino a subordinare azioni e pensieri a quel continuo bisogno di attirare consensi: in questo ci ha trasformato l’uso compulsivo e scriteriato dei social.
Facebook, dal suo canto, attivando il safety check, l’applicazione che permette agli utenti che vivono nelle zone colpite dalla calamità di diffondere un messaggio che rassicura amici e parenti sul proprio stato di salute, dimostra di possedere una carica di per sé socialmente utile.
Ma, come accade al cospetto di tutte le grandi innovazioni, è l’essere umano a decidere la direzione da imprimergli, in base all’uso più o meno scriteriato che sceglie di farne.
Mentre i politici italiani, oggi, non hanno saputo trovare nulla di meglio da fare che scambiarsi tweet attraverso i quali accusarsi a vicenda sulla questione “magnitudo” insorta per effetto di una prima notizia che parlava di una scossa di 7.1 e solo in seconda battuta rettificata in 6.5. Tanto è bastato per legittimare accuse di “pilotaggio dell’informazione” e scatenare una bufera mediatica che ha distolto l’attenzione della classe politica – e non solo – dal problema centrale.
La palma d’oro del “nuovo mostro” del giorno va a chi ha adattato a set fotografico la provvidenziale scelta di cercare riparo tra le braccia di un muro portante.