Nelle ultime ore si sta diffondendo rapidamente in rete l’ennesimo video di cyberbullismo, dove ad essere presa di mira stavolta è una ragazza all’uscita di scuola, fuori l’istituto enogastronomico di Muravera, costretta a subire le minacce e gli schiaffi di una sua coetanea, ben visibile anche lei nel video.
Fin dai primi secondi del video è possibile intuire cosa stia per accadere: un gruppo di ragazzi e ragazze si è adunato lungo la strada, la bulla al centro del gruppo, in attesa dell’arrivo della ragazza, con la felpa rosa. Risatine e commenti da parte degli astanti che non hanno alcuna intenzione di intervenire, ma anzi, sono divertiti e vogliono “godersi lo spettacolo”.
La ragazza arriva, già si odono alcune voci che incitano a fare a botte, si ferma di fronte alla bulla che le si para innanzi. Inizia uno scontro verbale, o per meglio dire un lungo monologo della bulla, che si atteggia con gestualità da “capa” cercando di intimidirla e spaventarla, avvalendosi di un tono di voce forte, come se stesse parlando non alla ragazza, ma al suo pubblico adorante. Non si capisce bene la vicenda, a quanto pare, alla base di tutto ciò c’è stata la pubblicazione da parte di entrambe di foto private sul web: uno scherzo, a quanto pare, iniziato dalla bulla che ha postato una foto della ragazza in felpa rosa che ha reagito a sua volta postando un’altra foto. La bulla è arrabbiata, partono gli schiaffi e gli insulti, mentre qualcuno degli spettatori lancia un sassolino verso le due: “Giuro che vengo a casa tua e ti ammazzo, ti ammazzo nel vero senso della parola e non sto scherzando“. Dopo la “dimostrazione” di schiaffi, la bulla pretende delle scuse: “Ora mi chiedi scusa davanti a tutti. A VOCE PIÙ ALTA! In ginocchio!“ La ragazza con la felpa rosa, non si inginocchia, ma chiede scusa ugualmente, assecondando l’altra. La bulla, infine, la congeda, la ragazza parte spedita, vorrebbe solo allontanarsi, ma purtroppo non è ancora finita, parte dietro di lei il “corteo della vergogna“: tutti quanti le fischiano e urlano dietro e la seguono, continuando a riprenderla. Lei cammina a testa bassa, a passo veloce, sopportando in silenzio quel corteo grottesco formatosi alle sue spalle, non è difficile immaginare che probabilmente il suo viso è ora rigato di lacrime.
Un aspetto particolare in questo video è dato dall’osservazione dell’atteggiamento degli altri ragazzi ed è impossibile, guardandolo, non domandarsi perché nessuno dica niente o cerchi di fare qualcosa per fermare quanto sta avvenendo, anzi ci si può stupire vedendo che molto probabilmente quei ragazzi sono lì ad osservare inerti, escludendo quelli che invece sono lì proprio per istigare le due ragazze, perché sapevano cosa stesse per succedere.
Com’è possibile un’indifferenza così diffusa?
Anche se in questo caso parlare di indifferenza è riduttivo, dato che un atteggiamento indifferente avrebbe portato ad andare oltre senza curarsi di ciò che succedeva, mentre invece qui abbiamo più una sorta di “spinta sadica” da parte degli spettatori, che sebbene non siano direttamente artefici del misfatto, sono comunque in qualche modo complici e partecipi alla vicenda, si potrebbe quasi dire che traggono un effettivo piacere dalla visione di atti simili.
Stare ad osservare un atto di violenza che si consuma, senza fare nulla, non è cosa da poco: una mancanza di azione da parte di un esterno presente può incentivare la persona violenta nei suoi atti, in quanto questa si sente giustificata da una sorta di assenso comune dato dal silenzio.
Essere spettatori di una violenza senza intervento, non è utile né alla vittima né a colui che la perpetra: la vittima si sente maggiormente umiliata dalla presenza di altri, il violento invece sente una pressione esterna che lo porta a continuare la violenza anche quando vorrebbe ritirarsi, perché di fronte ad un pubblico il suo ritirarsi potrebbe essere inteso come un segno di debolezza.