Nel dialetto napoletano è ancora vivo e utilizzato il termine “mastuggiorgio” per indicare una persona sicura di sé, in grado di gestire la situazione o che quantomeno si ritiene capace di farlo, ma non molti sanno che questa colorita parola, tipica del nostro paese, deriva in realtà da un antico mestiere.
Chi era, dunque, ‘O mastuggiorgio? Era un infermiere che lavorava nelle cossidette “pazzarie“, ovvero nei manicomi, a cui era affidato un ruolo particolare: il suo compito era quello di accompagnare lo psichiatra (‘o miereche de’ Pazze) durante le visite ai pazienti per intervenire prontamente qualora ci fosse stato il bisogno di puniore o mettere la camicia di forza a quest’ultimi.
Anticamente questo particolare infermiere aveva anche un altro nome, il castigamatti o castigatore (nome più che adatto a rappresentare il suo lavoro), ma intorno al Seicento, probabilmente, nacque l’espressione che ora conosciamo dal nome di un famoso medico del tempo che si chiamava Mastro Giorgio Cattaneo.
Mastro Giorgio Cattaneo lavorò nell’ospedale degli Incurabili a Napoli e teorizzò che i mali psichici risiedessero nelle meningi cerebrali e da lì si diffondessero in tutto il corpo. Secondo Mastro Giorgio le reazioni anormali erano causate da un eccesso di forza e dalla debolezza dei nervi, basandosi su questa teoria, mise in pratica diverse cure per i pazienti: ad alcuni faceva girare una ruota per prendere acqua da un pozzo (da cui deriva oggi anche l’espressione “deve andare a la rota” per chi sembra comportarsi da pazzo), per altri prescrisse un’alimentazione interamente a base di uova (da cui poi è nata l’idea sbagliata che le cento uova fossero date in premio a chi trasportava i pazzi al manicomio), mentre per i “pazzi furiosi” il metodo utilizzato era quello delle frustate e dell’immobilizzazione.
Un’altra ipotesi dell’origine del termine è quella che lo vedrebbe nascere dal greco “Mastigophoros” che era colui che usava la frusta per placare o punire i più agitati, il fustigatore.