«Se ancora oggi un paziente in fase terminale viene lasciato a morire su una barella di pronto soccorso è colpa dell’ignoranza e del pressapochismo di chi dovrebbe prendersi cura di lui». Lo dice Sergio Canzanella, Segretario della Federazione Associazioni Volontariato in Oncologia e Direttore dell’Osservatorio Regionale Cure Palliative e Medicina del Dolore in Campania intervenendo sul caso del padre del giornalista ricoverato in un pronto soccorso di un ospedale romano.
«Questa storia – aggiunge – mette in luce alcune criticità inaccettabili: la burocrazia ottusa, lo scarso coinvolgimento dei medici di medicina generale nella presa in carico del paziente oncologico terminale, addirittura la scarsa conoscenza dell’Hospice nel territorio e purtroppo la scarsa formazione, informazione e capacità di comunicazione del personale medico e paramedico, e la mancanza di una rete oncologica».
Canzanella ricorda che basterebbe poco per informare i pazienti e le famiglie che nel sistema sanitario nazionale, dal 2000, esistono gli Hospice per garantire, con la terapia del dolore, una dignità di fine vita, così come previsto dalla Legge n. 38/10.
«Il ricovero in Hospice – conclude Canzanella – riduce i ricoveri inappropriati al pronto soccorso dei malati oncologici utilizzando la rete integrata Hospice/domicilio. Un ricovero presso gli Ospedali varia dagli 800 (medicina) ai 2.000 euro (rianimazione) al giorno con costi che oscillano dai 100 (domiciliare) ai 250/385 euro (Hospice). La formazione riveste un ruolo importante per il personale sanitario che opera in Hospice e al domicilio».