Tempi duri per i dipendenti di Almaviva Contact. La società di call center come divulgato a mezzo stampa, “ha annunciato l’apertura di una procedura di riduzione del personale, all’interno di un nuovo piano di riorganizzazione aziendale”.
Coinvolte nel procedimento di ridimensionamento, le sedi di Roma e Napoli. Il personale subirà un taglio netto: si passerà dalle 2.511 unità riferite alle sedi di Roma, a 1.666 persone, mentre a Napoli si parla di rischio per 845 dipendenti.
Amalviva giustifica la decisione, parlando di perdite economiche: “Le perdite medie mensili afferenti ai due siti produttivi nel periodo successivo all’accordo del 31 maggio 2016, nonostante l’utilizzo di ammortizzatori sociali, sono pari a 1,2 milioni di euro su ricavi mensili pari a 2,3 milioni di euro. Il piano coinvolge il 5% del personale attualmente in forza al Gruppo a livello globale”.
Sono 3mila gli esuberi dell’ Almaviva Contact. A poco sono servite le intese tra sindacati ed istituzioni. Il contratto di solidarietà della validità di sei mesi, assicurato per recuperare capacità industriale, non ha evitato l’ulteriore deterioramento dell’azienda sul mercato.
Almaviva Contact addebita la colpa delle sue scelte finali alla delocalizzazione delle attività in Paesi extra UE: nel 2015, ribadisce l’Istat albanese, sul posto è raddoppiato il numero dei call center che lavorano per il mercato italiano con oltre 25 mila posti di lavoro. Per garantire l’equilibrio aziendale e salvaguardarne la continuità, Almaviva Contact ribadisce di essere stata costretta ad intervenire per necessità. La Slc Cgil parla invece di una “decisione aziendale scellerata, palesemente in violazione dell’accordo sottoscritto il 31 maggio scorso, con motivazioni palesemente pretestuose e strumentali”. La parola ora spetta al Governo, cui la Cgil si rivolge: “Siamo di fronte a un’autentica provocazione nei confronti delle Organizzazioni Sindacali e del Governo, nonchè di una volgare forma di intimidazione nei confronti dei lavoratori. Respingiamo con fermezza tale decisione, ribadendo che i lavoratori hanno già pagato un prezzo altissimo”.