Dopo la “gavetta” maturata al servizio del clan, Antonio Scognamiglio, 37 anni, ritenuto un uomo del clan Cuccaro, ha deciso di compiere “il grande passo” e ha messo in piedi un’attività di spaccio in casa, con il consenso della camorra che però si faceva consegnare il pizzo: 200 euro a settimana e che prevedeva un’ammenda di altri 200 euro, se il pagamento avveniva in ritardo. Una soluzione che trova frequentemente applicazione tra le piazze di spaccio gestite dalla nuova camorra.
Questo è quanto emerso da un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha portato all’arresto, da parte dei carabinieri di Torre Annunziata, di sei persone accusate di estorsione, porto illegale di armi, esplosione di colpi d’arma da fuoco, detenzione e spaccio di droga, reati aggravati dalle finalità mafiose. Lo spaccio, fiorente secondo gli investigatori, veniva portato avanti nel quartiere Barra di Napoli, a capo del business c’era proprio Antonio Secondigliano.
Tutto era gestito in famiglia: cocaina e marijuana venivano consegnate calando il “paniere” dal balcone. Il padre di Scognamiglio riscuoteva il denaro e la mamma provvedeva a nascondere la droga, se arrivavano le forze dell’ordine.
Nell’abitazione di Scognamiglio, nascoste nel vano di una parete appositamente ricavato, i militari hanno scoperto due pistole.
Durante l’attività investigativa sono stati registrati anche episodi di intolleranza da parte della criminalità locale nei confronti del clan Cuccaro: nell’agosto del 2014 sono stati sparati colpi di pistola contro la roccaforte della famiglia camorristica, Palazzo Magliana, da parte di un gruppo di banditi che aveva subìto una reprimenda dopo un colpo messo a segno in zona, mal digerito dalla cosca. Preso, sempre durante le indagini, anche un latitante, Luigi Minichini, 37 anni, ricercato dall’agosto del 2014. Denunciati i suoi fiancheggiatori.
Tra gli arrestati finora anche Gennaro Scognamiglio, fratello di Antonio, mentre il padre e la madre dell’uomo risultano indagati.