La storia di S.S., 40enne dipendente dell’Anm, vittima di una rapina, nonostante il suo tangibile status di donna incinta, fornisce un quadro nitido e crudo della ferocia che contraddistingue la criminalità ordinaria.
Di recente, lungo le strade della periferia occidentale di Napoli si sta registrando un esponenziale boom di furti di veicoli. Ladri, criminali, cinici e spietati, pronti a tutto e che non fanno sconti a nessuno pur di raggiungere incassare il bottino: quanto accaduto nel primo pomeriggio dello scorso 13 settembre alla donna, lo conferma.
Erano da poco trascorse le 15.20, quando S.S. aveva terminato il turno di lavoro e si trovava all’esterno della sede della Direzione Anm di Fuorigrotta.
La donna, autista dell’ANM, al momento in servizio come impiegata presso la sede centrale di Fuorigrotta in quanto gravida, quel giorno, subisce un furto da parte di una banda composta da tre persone: “sempre i soliti soggetti che vengono avvistati nelle zone dove avvengono i colpi”, descrive così i suoi rapinatori. La banda le sottrae il ciclomotore senza troppi convenevoli.
“Si sono accorti che ero incinta, – racconta la donna – era palese in quanto la pancia era prosperosa nonostante fossi al terzo mese di gravidanza, ma non si sono fermati: hanno proseguito nel misfatto sottraendomi il mezzo parcheggiato regolarmente nell’area di sosta antistante la direzione ANM, sotto il mio sguardo atterrito. Mi hanno adocchiata, seguita ed hanno atteso il mio ingresso nella struttura prima di entrare in azione. Quando mi sono resa conto di quanto stesse accadendo, era ormai troppo tardi. I tre, addirittura, hanno sogghignato, felici del bottino appena depredato.”
“Come risultato, – aggiunge la 40enne – nostro figlio non vedrà mai la luce a causa di queste bestie che vengono lasciate libere di vivere nella nostra città. Dove andremo a finire?”
Già, perché al danno economico derivante dal furto del ciclomotore, per la donna e suo marito, si aggiunge un dolore dal valore inestimabile: la stessa sera, dopo la denuncia ai carabinieri, la donna si reca al Pronto Soccorso, in preda a forti dolori addominali.
“Quella sera il battito era buono, – racconta – oggi, invece, era assente completamente.”
Probabilmente, lo spavento rimediato per effetto di quella rapina, le ha procurato un aborto.
A meno di 24 ore di distanza dalla triste e scioccante scoperta, a prevalere è il desiderio di rendere pubblica la sua tragedia: “Credo che pubblicare la mia storia possa servire sensibilizzare l’opinione pubblica, affinché non si giri più la testa dall’altra parte, quando si assiste a vicende simili. In molti hanno assistito alla rapina, nessuno ha allertato le forze dell’ordine, sono rimasti tutti inerti a guardare. E quando sono stata male, nessuno si è interessato. Sono stata sola. Solo mio marito mi è stato vicino.”
Un urlo di dolore, disperazione e rabbia che rivendica giustizia, infervorato dalla triste consapevolezza che niente e nessuno potrà restituirle quello che le è stato scippato.