Mentre questa mattina il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, ha tracciato il punto della situazione sulla questione rifiuti, intervenendo all’inaugurazione di un’area bonificata, alla periferia di Baronissi, nel Salernitano, il medesimo argomento è stato oggetto del corposo dibattito sorto nel segno della presentazione del libro “Monnezza” del giornalista Francesco De Filippo, nell’ambito del festival della letteratura ambientale “Green word” organizzato da Sepofà all’interno di “Ricomincio dai libri”, la fiera del libro in programma nella sangiorgese villa Bruno, dal 23 al 25 settembre.
Dibattito al quale hanno preso parte l’autore del libro Francesco De Filippo e il vicesindaco di Napoli, nonché assessore all’ambiente Raffaele del Giudice.
Un libro che – come spiega lo stesso autore – nasce dall’esigenza di rispondere alla domanda che gli veniva più spesso rivolta: com’è possibile che in una città come Napoli insorga un fenomeno come la monnezza? Lui napoletano trapiantato a Roma, ha deciso, quindi, di recarsi nei luoghi sopraffatti dal fenomeno, per adempiere a un dovere civico, in primis, e soprattutto per rispondere a quella domanda, rendendo chiare delle dinamiche anche agli occhi di chi vive oltre le mura della Campania.
Un intento che sfocia anche nella produzione di un documentario: “in quel periodo, le immagini proposte dai media per raccontare l’emergenza rifiuti, hanno “stimolato” solo un senso, la vista, mentre chi ha vissuto quella realtà da vicino sa che l’olfatto era il senso più coinvolto. Inoltre, era difficile dare la reale percezione della vasta estensione del problema: ricordo un palazzo, a Monteruscello, dove i sacchetti di monnezza arrivavano fino al terzo piano: quella è l’istantanea che meglio riproduce lo stato d’animo da associare a quei momenti. Nell’era contemporanea, l’informazione si sviluppa in orizzontale, mentre manca l’approfondimento verticale, soprattutto su tematiche importanti come questa. Vivo a Roma da 17 anni e riscontro problemi tutt’altro che dissimili dalla realtà napoletana. Basta pensare che le discariche a Roma sono gestite dalla stessa persona che ha finanziato tutti i partiti politici. Esiste una sorta di “cupola” che sottolinea che quello dei rifiuti non è un problema regionale, ma nazionale.”
Mentre Raffaele Del Giudice è un fiume in piena di emozioni e motivazioni. Lui che è stato un grande protagonista di “Biutiful Cauntri” il documentario girato circa 10 anni fa, in quella che lo stesso vicesindaco ha ribattezzato con il nome che – come lui stesso ricorda – ormai le viene spontaneamente attribuito: “terra dei fuochi”.
Nel corso del dibattito sono stati proposti alcuni stralci di quel documentario che in maniera cruda ed essenziale ripropone la drammaticità della realtà che si respira lungo quelle terre avvelenate dai rifiuti: “la diossina c’è ancora, – afferma con la schiettezza che lo contraddistingue, Raffaele Del Giudice – ai libri va attribuito il merito di aver fatto conoscere la tragedia dei rifiuti, non era interesse di molti che se ne parlasse. O meglio, ciclicamente se ne parla, poi, l’attenzione viene spostata altrove. I libri, i documentari, le inchieste hanno dato una grande mano in questo senso, hanno reso visibile l’altra metà del cassonetto.
L’emergenza rifiuti, in realtà, è stata costruita per forzare la mano nelle costruzioni di impianti che non servono e per consentire l’ingresso dei privati nella gestione dei rifiuti. Nell’immaginario collettivo si è diffusa l’errata convinzione che il fenomeno delle ecomafie comprenda anche i rifiuti urbani. Non esiste niente di più falso, perché interessa solo i rifiuti tossici e speciali delle industrie del Nord, trasferiti al Sud nel felice silenzio di Confidustria che non ha ancora licenziato neanche un dipendente, anche solo in maniera simbolica. A questo si addiziona “il business” di chi produce in nero e che, di conseguenza, è “costretto” a smaltire i rifiuti in nero, rendendo necessari gli incendi per assicurarsi la frode fiscale. Motivo per il quale insorgono tanti roghi tossici.”
Non solo questi i temi toccati dall’assessore all’ambiente, nonché braccio destro del sindaco de Magistris, che ha sottolineato che “non è stato ancora bonificato un centimetro del nostro territorio” e ha rilanciato l’esigenza di intervenire per arginare i tangibili danni arrecati alla salute di chi vive in quei territori, sollecitando l’esigenza di introdurre screening sanitari dei quali anche le strutture private devono farsi carico come responsabilità sociale e, soprattutto, investire su giovani ricercatori che effettuino degli studi volti a stimare l’entità dell’impatto che le ecomafie hanno sortito sulla salute e per cercare di capire cosa è successo nei nostri territori.
“Il mio è un lavoro terribile – afferma Del Giudice – perché quando ho ragione, non posso gioire, considerando la “drammaticità” insita nelle mie stesse scoperte ed è molto demoralizzante. Per questo il mio impegno e il mio lavoro rappresentano un atto d’amore verso la mia terra.”
Del Giudice sottolinea l’indifferenza della politica e dell’imprenditoria nazionale, ricordando come quest’ultima ha “marciato” sulla carcassa della Campania per rilanciare i propri prodotti sul mercato, introducendo campagne pubblicitarie che guardavano proprio in questa direzione: “motivo per il quale non comprerò mai i pomodori “Pomì” e tutti gli altri prodotti dell’azienda che in quegli anni lanciò lo spot pubblicitario: “Noi non produciamo qui”, affossando ulteriormente l’economia agricola campana che era già in ginocchio. Allo stesso modo, non accetto che si sminuisca o addirittura si ridicolizzi il problema, come ha fatto un ministro di recente che ha dichiarato che siamo noi che mangiamo male.”
Inoltre, il vicesindaco di Napoli è intervenuto anche sul tema delle biomasse e della Green economy: “non deve diventare “Green sharing” per lavarsi la coscienza. Prima di produrre un materiale è importante sapere già come verrà riciclato. Non lasciamoci millantare da messaggi fuorvianti, opera delle lobby che premono per introdurre modelli informativi distorti.”