Il terremoto che stanotte ha travolto l’Italia centrale “è paragonabile, per intensità, a quello dell’Aquila”: lo ha detto il capo del Dipartimento Protezione Civile Fabrizio Curcio.
“Un terremoto di magnitudo 6.0 si porta dietro una coda di repliche sismiche sicuramente numerose però non si può escludere che ci possano essere scosse paragonabili a quella principale”, ha aggiunto Andrea Tertulliani, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, “stiamo parlando di un’area ad altissimo rischio”. “Ogni sequenza ha un suo comportamento particolare – ha continuato Tertulliani – però non possiamo escludere che finisca qui oppure che continui in altro modo”.
“Sul sisma non abbiamo ancora tutte le informazioni necessarie ma si tratta certamente di un sisma di magnitudo importante che ha colpito una zona molto estesa dell’Italia appenninica centrale, ricca di centri storici e di località minori”. Lo ha sottolineato Paolo Messina, direttore del CNR Igag – Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche. “Data la vastità dell’area che è stata colpita è presumibile che l’ipocentro si trovi a profondità anche superiore ai 4 chilometri, probabilmente intorno ai 7 km. Non dobbiamo stabilire un nesso diretto con le scosse avvertite in Sicilia. E’ purtroppo possibile che si verifichino altre scosse, speriamo di magnitudo inferiore. In questa situazione l’unica cosa da fare è seguire le indicazioni di protezione civile e sindaci”.
Il terremoto verificatosi questa notte (magnitudo successivamente ridotta a 6) è stato forte quasi quanto quello, di magnitudo 6.2, che il 6 aprile 2009 distrusse L’Aquila. Degli altri recenti ‘grandi’ terremoti in Italia, quello del 1976 in Friuli è stato di magnitudo 6.2, quello dell’Irpinia (1980) di magnitudo 6.8, quello di Umbria e Marche (1997) di magnitudo 5.6, quello della pianura padana modenese (2012) di magnitudo 5.9. “Già nel 1639 in quest’area è stato registrato un sisma ‘gemello’ al terremoto verificatosi questa notte”. E’ il sismologo dell’Ingv Andrea Tertulliani a spiegarlo, parlando con l’Adnkronos. In quell’anno, “furono registrate scosse della stessa entità, a dimostrazione che stiamo parlando di una zona ad altissimo rischio sismico”.
Dal terremoto del Belice nel 1968 ad oggi, in cinquant’anni il rischio terremoti in Italia non è scomparso. E mai potrà, data la conformazione del territorio della penisola.
Solo il Giappone, dal punto di vista della ridotta estensione e della densità di popolazione, supera l’Italia nella classifica del rischio sismico. Basta un dato per far capire l’esposizione del nostro Paese a questo tipo di eventi: nelle prime due settimane di agosto, sono stati «riconosciuti e localizzati dalla sala sismica Ingv 581 terremoti in Italia». A dirlo è Alessandro Amato dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia attraverso un post su Facebook. Facendo i conto, sono circa 39 eventi al giorno di cui “solo” sette con magnitudo pari o superiore a 3.
Il rischio sismico, ossia «in senso probabilistico, lo scuotimento del suolo atteso in un dato sito con una certa probabilità di eccedenza in un dato intervallo di tempo, ovvero la probabilità che un certo valore di scuotimento si verifichi in un dato intervallo di tempo», è dovuto essenzialmente ai processi di formazione dei rilievi montuosi che percorrono la nostra penisola. In una parola, orogenesi. Un fenomeno lungo milioni di anni che ha portato alla creazione di diverse zone di faglia mappate sempre dall’Ingv attraverso alcune carte di pericolosità redatte per la prima volta nel 2004 e che dividono il territorio in 174 distretti sismici all’interno dei quali sono classificati i comuni secondo quattro categorie di pericolosità.
Nonostante ciò, sempre l’Ingv in un’indagine del 2015 ha rilevato che la percezione media di tale pericolosità sismica si ferma a 3,24 su una scala che va da 1 a 7. Poco se si pensa che circa il 41% della popolazione italiana vive nelle zone più a rischio. Non solo. La stessa ricerca ha dimostrato che solo il 6% del campione intervistato pensa di essere ben informato sui terremoti essenzialmente attraverso web (21%) e giornali (22%). Dati che sottolineano la necessità di maggiori campagne di sensibilizzazioni sul tema, come Io non rischio Terremoto che dal 2011, per due giorni all’anno, arriva in alcune delle maggiori piazze italiane.