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Una settimana di formazione presso associazioni, centri e laboratori per disabili, anziani e bambini: riassumere così l’esperienza del campo estivo (18-24 Luglio) firmato CSV Napoli, acronimo per Centro di Servizio per il Volontariato, sarebbe fatalmente riduttivo.
Nessuna parola, a dire il vero, farebbe giustizia: quasi 20 giovani tra 17 e 24 anni sono stati i protagonisti di questa edizione, insieme alle due tutor Angelica Argentiere e Laura Longo, mettendosi in gioco e superando pregiudizi non facili da mettere all’angolo quando, di colpo, ci si ritrova in un mondo assente nei media ed evitato dalle persone “normali”. La volontà è presente e si fa sentire nella generazione attuale di fare pratica nel terzo settore come avevo già scritto in un articolo affine ma, in fin dei conti, pochi sono realmente disposti a mettersi alla prova:
(Rapporto Giovani 2014 Istituto Giuseppe Toniolo) la metà degli intervistati al di sotto dei 35 anni ha dichiarato di non aver mai svolto attività di volontariato, a fronte di un modesto 6% che le svolge con regolarità […]
Anch’io non avevo mai fatto alcunchè di inerente al volontariato; anch’io ero fra quei 17 ragazzi, la maggior parte ancora al liceo e intimorita dall’esame di maturità; anch’io ho superato ostacoli socio-mentali e in sette giorni ho compreso cose che mai avrei potuto imparare altrove.
Abbiamo ballato la tammurriata e l’hip hop con Chelsea, Daniel, Angela, Sara e i loro amici nel Centro Immigrati Fernandes a Castel Volturno; giocato a secchi e spugne nell’Associazione Peter Pan di Casalnuovo; abbiamo scoperto che a Shashamane, uno stradone-caseggiato in Etiopia, i bambini perdono la vista per colpa dell’acqua putrida e dell’assenza di medicine, che nelle nostre farmacie pullulano e sono a portata di tutte le tasche; pulito le spiagge libere di Capo Miseno, tirando fuori estintori, buste della spesa e assorbenti melmosi a cinque centimetri dalla riva.
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Per quale motivo sto scrivendo questo? Prima di iniziare il campus avevo una concezione del volontariato molto idealistica, ridotta agli slogan “aiutare il più debole”, “dare dignità ai diversamente abili” e “sentirsi la coscienza pulita”: la verità è che il volontariato non si fa, ma si è. Non tutti sono disposti a sacrificare tempo, denaro e comodità per far compagnia a totali sconosciuti: gli stessi che magari non risultano subito simpatici e dolci come testimonial pubblicitari, non riconoscono i volti dei loro “salvatori” se non dopo giorni e giorni e non diventeranno mai autonomi del tutto. La realtà va riconosciuta per quella che è, con tutta la durezza e la solitudine dei famigliari, delle associazioni e dei diretti interessati che sono ricordati dallo Stato solo durante le elezioni.
Allora perchè farlo? Perchè investire se stessi? Perchè è dovere di tutti aiutarsi a vicenda, abbattere i muri dell’ignoranza e lasciarsi accogliere in un mondo diverso, ma non per questo meno meritevole di essere vissuto. Chiunque ha un’identità, un passato, un modo di fare e mostrare affetto e questo deve essere sempre rispettato anche quando la comunicazione sembra impossibile o limitata. Non lo è, affatto.
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Aprire la mente, mettere le mani nel concreto e offrire il cuore può spaventare, ma è solo così che si tira il meglio dalle persone: è grazie all’associazione “La Scintilla” che tre uomini, con i loro limiti, possono fare le guide turistiche e incantare i visitatori alle Sette Opere di Misericordia di Caravaggio. Caravaggio, mica uno qualsiasi!
Non si tratta solo di aiutare i diversamente abili o di pulire metri di spiaggia, bensì di diventare folli e dare il giusto tempo per maturare: quella guida turistica può faticare a ricordare tutti i dettagli dei quadri, ma quei pochi che conosce bene imprime, li conserva e protegge da qualche parte nel cervello come se fossero un tesoro inestimabile; la spiaggia continuerà a essere sporca ma i bambini penseranno due volte prima di buttare un fazzoletto in mare, dopo aver visto sfianchirsi dei ragazzini; il volontario stesso perde le staffe, si lamenta, si chiede se potrà mai cambiare il mondo e se ha senso quello che fa. Certo, una persona non cambia il mondo e le battaglie durano generazioni intere, ma giorno per giorno qualcosa muterà per il meglio e allora saremo tutti noi “volontari dentro”. Aiutare non sarà un’azione nè una consuetudine ma un dato di fatto, naturale e insito in noi come parcheggiare una macchina. Chissà dove ci porterà questa…