Una giornata di lutto nazionale è in corso in tutto l’Afghanistan dopo l’attentato rivendicato dall’Isis che ieri ha causato almeno 81 morti e 231 feriti, quasi tutti membri della comunità Hazara sciita.
“I terroristi non conoscono limiti, etnìe o religioni, e frequentemente agiscono contro gli esseri umani e l’Islam“: parla così il governo afgano, mentre il capo dello Stato ha firmato oggi un decreto in base al quale Deh Mazang, la zona di Kabul dove i kamikaze si sono fatti esplodere causando la strage, sarà ribattezzato ‘Piazza dei Martiri’.
Ottanta persone sono morte, e più di duecento sono rimaste ferite, ieri, in quella piazza, durante un grande corteo a Kabul. Una violentissima esplosione ha scosso la capitale dell’Afghanistan in pieno giorno, nelle strade del quartiere Dehmazang dove era in corso la manifestazione di migliaia di membri della comunità hazara afghana, etnia di lingua persiana e religione sciita. Il corteo era stato organizzato dall’Enlightening Movement (Movimento illuminante) per esercitare pressioni sul governo del presidente Ashraf Ghani affinché venga mantenuto, nella povera provincia di Bamyan, un ambizioso progetto di trasmissione di energia elettrica (Tutap), il cui transito è stato invece trasferito in un’altra zona del Paese.
L’operazione, condotta da un commando che si era mescolato ai dimostranti e i cui membri indossavano burqa femminili, è stata rivendicata dai seguaci del ‘califfo’ Abu Bakr al Baghdadi attraverso l’agenzia Aamaq che hanno sottolineato con enfasi la presenza, nell’area di Deh Mazang, di molti sciiti fra le vittime. Secondo una fonte dell’intelligence afghana, il commando era composto da tre uomini, ma mentre due sono riusciti ad attivare l’esplosivo che nascondevano sotto il burqa, il terzo è stato ucciso in anticipo dagli uomini della sicurezza.
Poco prima della rivendicazione, i talebani dell’Emirato islamico dell’Afghanistan avevano preso le distanze dall’attentato, sostenendo che esso andava letto come “una cospirazione di chi vuole la divisione del popolo afghano”. Le tv afghane, che seguivano in diretta la manifestazione, hanno riproposto immagini della zona delle esplosioni, con decine di cadaveri rimasti a lungo sull’asfalto e feriti che invocavano aiuto. Fra le vittime anche donne, bambini, agenti di polizia. Le operazioni di soccorso, subito attivate, hanno dovuto superare numerose difficoltà a causa delle barricate e dei container che le forze di sicurezza avevano dislocato sulle vie principali per impedire ai dimostranti di raggiungere la ‘zona rossa’ della capitale, dove si trovano le ambasciate e il palazzo presidenziale. Si è trattato di uno dei più cruenti attentati avvenuti nella capitale afghana dal 2001, anno dell’intervento in Afghanistan della Coalizione internazionale.
Stamattina, un attentato kamikaze messo a segno in un checkpoint in un quartiere a nord di Baghdad è costato la vita a 11 persone. L’attentatore si è avvicinato a piedi al checkpoint e si è fatto esplodere ad uno degli ingressi del distretto shiita di Kadhimiyah, uccidendo almeno otto civili e tre poliziotti.
Un membro delle forze di sicurezza che ha voluto mantenere l’anonimato riferisce che i feriti sono almeno 32. L’attacco per il momento non è stato rivendicato, ma si pensa che sia opera dello Stato Islamico.
L’attentato è avvenuto in piazza Aden, nel quartiere sciita dial Kathimiya: un uomo con una cintura esplosiva si è fatto saltare in aria vicino a un centro commerciale.
L’esplosione ha distrutto vari veicoli e danneggiato edifici vicini. Ad al Kathimiya si trova il mausoleo sciita dell’imam Musa al Kazemm, uno dei dodici imam di questo credo dell’Islam. Bagdad è in stato di allerta dopo il sanguinoso attentato dello scorso 3 giugno nel quartiere a maggioranza sciita di Karrada, che ha causato la morte di 292 persone. Nono ci sono state ancora rivendicazioni sulla responsabilità dell’attacco che però ha i tratti tipici dell’Is. Le forze di sicurezza e le aree pubbliche, soprattutto nei quartieri sciiti, sono tra i bersagli più frequentemente colpite dal gruppo estremista, che controlla settori chiave prevalentemente nella parte nord e nord-ovest dell’Iraq. Lo Stato islamico ha però perso il controllo, che aveva da oltre due anni, su Falluja, dove è stato cacciato dalle forze irachene. Ma gli estremisti hanno continuato a compiere attentati quasi quotidiani a Bagdad e nei dintorni della capitale irachena.