A circa tre giorni dal tentato e fallito colpo di Stato in Turchia, sono ancora molti gli interrogativi non chiariti e le perplessità sull’azione dell’esercito turco per destituire il presidente Erdogan. Per capire fino in fondo le motivazioni bisogna risalire ad un personaggio decisivo della storia moderna della Turchia, Kemal Ataturk.
Fondatore e primo presidente della Repubblica, è considerato il padre della Turchia moderna. Oltre ad aver avvicinato la nazione al continente europeo dal punto di vista politico e istituzionale, ha moderato gli scontri tra le varie fazioni (religiose e culturali) del Paese e cosa più importante nell’analisi della situazione attuale, ha istituito il cosiddetto “check and balance”. In parole povere, Ataturk, prevedendo una possibile deriva islamista, attribuì alle forze armate la rappresentanza della laicità dello Stato e l’autonomia necessaria per essere organo di vigilanza e di controllo sul governo centrale. Per questo motivo, la Turchia è stata spesso teatro di golpe (spesso anche molto cruenti) che hanno rovesciato i poteri costituiti e hanno “rigenerato” i governi, tramite regolari elezioni avvenute quasi sempre 4/5 mesi dopo l’azione militare. Arrivati a questo punto sarebbe legittimo e naturale pensare che quello andato in scena venerdì sia solo l’ennesima puntata di un film già visto.
Ma probabilmente non è così. Il colpo di Stato è durato solo 4 ore e ha visto impegnati circa 2.500 soldati, appartenenti all’area più riformista dell’esercito. E’ altamente improbabile bloccare un Paese di 77 milioni di abitanti con soli 2.500 uomini, con gli altri fermi nelle caserme e con la Polizia schierata a fianco del presidente. Altro elemento discordante è il blocco della tv di Stato, oscurata intorno alle 23 che contrasta con la videochiamata di Erdogan (proprio lui che spesso ha criticato e censurato i nuovi mezzi di comunicazione) e il flusso ininterrotto di tweet del vicepresidente Gul. Anche l’ora scelta dai soldati è oggetto di critiche. Infatti, nella quasi totalità dei casi di golpe, la fascia oraria preferita è quella notturna quando la popolazione dorme. In questo caso, avendo cominciato le operazioni alle 22.30, Erdogan ha avuto tutto il tempo di allontanarsi e di adunare la folla, che di fatto ha fermato i golpisti, nonostante le 145 vittime civili.
Le conseguenze di tutto ciò sono prevedibili. Il presidente turco, subito dopo essere atterrato a Istanbul tra due ali di folla festante, ha annunciato “misure dure” contro i golpisti. E fino a questo momento è stato di parola. Circa 3mila giudici sono stati rimossi dal loro incarico, così come dipendenti pubblici e soldati (di ogni grado). I militari sono oggetto di vere e proprie torture, che come mostrato da alcune foto, li vedono legati e denudati, ammassati in casermoni e in attesa del giudizio, che secondo alcune fonti di Ankara, potrebbe essere anche la pena di morte. Grazie a questo ormai definibile “golpe di cartapesta”, per le modalità di esecuzione, Erdogan può avviare una nuova fase della sua leadership politica. Potrà finalmente cambiare la Costituzione a suo piacimento, trasformando la Turchia in una Repubblica Presidenziale con poteri accentrati tutti sul leader e indebolendo di fatto il ruolo dell’esercito turco, unico garante della laicità e secondo contingente per numero della forza NATO. In questo quadro l’Europa può solo fare contrasto di facciata, in virtù dell’accordo da 6 miliardi di euro siglato in primavera e che regola il flusso dei migranti. Il politico più scaltro della Turchia moderna, sembra aver raggiunto il suo obiettivo.