Il giorno successivo una tragedia è duro. Il flusso frenetico di notizie, alimentate da social network e mass media, lascia spazio alla riflessione, lenta e personale. Dura e dolorosa. Lo scontro frontale tra treni all’altezza di Corato, in provincia di Bari, ha lasciato dietro di sé 27 morti e circa 50 feriti (con un bilancio purtroppo ancora in aggiornamento), vite di studenti, lavoratori e semplici pendolari travolte dalle lamiere accartocciate e roventi di treni che viaggiavano sul cosiddetto “binario semplice”, ignari di muoversi entrambi nella stessa direzione, vittime di un sistema obsoleto e malfunzionante. Il giorno dopo la stampa nazionale si scandalizza, si interroga sui motivi del disastro, accusa il “blocco telefonico” e la mancanza di tecnologia a bordo dei vagoni. L’esercizio di pura ipocrisia riesce alla perfezione quando non si conosce o si vuole far finta di non farlo, la situazione tragica che attanaglia il Sud Italia da ormai 50 anni. Il barlume di speranza dovuto al dato ISTAT che dava la crescita nel Mezzogiorno al +1% dopo 7 anni di recessione consecutiva è stato spazzato via dal tragico impatto di ieri mattina. Gli investimenti infrastrutturali ricadono al Nord e lasciano che l’alta velocità si fermi a Napoli. Lasciano un capoluogo di provincia come Avellino senza stazione ferroviaria. Ma soprattutto, abbandonano la capitale europea della cultura 2019, Matera, senza binari e senza servizi aereoportuali. L’Italia, 7imo Paese al mondo per industrializzazione e Prodotto Interno Lordo, non può permettersi uno scarto così ampio tra due parti dello stivale. Non può continuare a vivere nell’eterno paradosso per il quale da un lato si è eccellenza nel comparto aereospaziale, nautico e agroalimentare e poi si lascia morire 27 cittadini perché su un binario unico non esiste la segnalazione automatica della presenza di un altro convoglio sulla stessa linea. Dobbiamo ripartire, insieme e senza pregiudizi o favoritismi rispetto ad una parte della nazione. Su quei treni viaggiavano cittadini del Sud, dignitosi e meritevoli come tutti gli altri di ricevere un servizio attento, senza lasciare che la vita sia continuamente legata ad una telefonata tra capostazione. E’ inammissibile continuare a doppia velocità questa corsa. Il Paese intero lo deve alle 27 vittime della tragedia di Corato, alle loro famiglie e a tutti gli abitanti del Sud Italia.