Psicomotricista oltre che artista, Laura Chilivani ripercorre le sottili relazioni che intrecciano il movimento umano. L’intento è di congelare un preciso momento: quell’attimo che si insinua tra l’Innocenza ed il passaggio all’età che apre gli occhi sul mondo. Bambini tutti in un movimento sospeso che parafrasa in termini semiotici il processo di soggettivazione, uno dei principali compiti evolutivi dell’Uomo. Il lavoro di recupero dell’emozione è trasfigurato in una teoria di frame fotografici che testimoniano la riconquista di un azione o un istante dal profondo significato emotivo, restituito pittoricamente soprattutto nella risoluzione del dettaglio. Vivere e spiccare il salto sono la medesima cosa: a fronte del movimento che si fa valore assoluto, ecco lo spazio della rappresentazione ridursi a percezione visiva sottintesa, eppure a sua volta ancora fortemente dinamica nell’intersecarsi con gli spazi architettonici pre-esistenti.
Il medium artistico opera tipicamente il magico passaggio dal particolare all’universale, mette cioè in relazione empatica il rappresentato con il suo pubblico, ed ecco che le evoluzioni narrate si fanno evoluzione di tutto il genere umano, allegorie della graduale presa di coscienza del Sé, in una costante contaminazione tra storico e a-storico, tra esistenza ed essenza.
Da qui le suggestioni primitive delle opere che, nella ricerca della dimensione esperenziale originaria, richiamano fortemente una pittura per istantanee, tanto nella frequente bidimensionalità delle figure sagomate, quanto nella scelta dei colori, elementari ma non primari, ora marini ora terreni, in definitiva ‘umani’.
“Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”, diceva il filosofo. L’allestimento ci conduce alle nostre radici e ci obbliga a ripercorrere il nostro vissuto: induce una riappropriazione della dimensione ludica, gestuale e motoria prima che linguistica, e ci consente di (ri)scoprire e (ri)conoscere noi stessi nel faticoso tuffo nella vita.