Visto con gli occhi di dentro, è un flusso di anime: alte, basse, mingherline, paffute, canute, corrugate, ingenue, consapevoli, segnate da un duro e dolorante colpo, ma desiderose di ritrovarsi, attraverso un riscatto forse mai sognato fin qui, ma che, d’ora in poi, deve rappresentare la luce che guida tante anime smarrite, tingendo le loro vite con i colori della speranza.
Visto con gli occhi di chi la realtà la guarda dall’esterno è un momento storico per Ponticelli e per quella Napoli che ha voluto partecipare, con il corpo e con il cuore, alla fiaccolata organizzata in memoria di Ciro Colonna, il 19enne freddato in un agguato avvenuto in un circolo ricreativo nel Lotto O, l’unico e costretto luogo di ritrovo dei ragazzi del quartiere. Ciro è morto perché nel parapiglia generale ha perso gli occhiali da vista e si è chinato per raccoglierli. I sicari di Raffaele Cepparulo – il reale obiettivo dell’agguato – in quel gesto hanno rilevato una minaccia tale da legittimarne l’uccisione.
Un punto di non ritorno: così è destinato ad essere tramandato ai posteri l’omicidio di Ciro Colonna.
Lo ha ribadito quest’oggi il Lotto O, il rione dove il 19enne è nato, cresciuto e anche prematuramente morto, supportato dal quartiere, dalla città, dagli attivisti, dalle associazioni, dalle istituzioni e da una carovana di persone perbene, stanche di doversi ancora indignare al cospetto dell’ennesima morte innocente.
Un corteo ricco di commozione ed emozione, inaugurato da un momento speciale: le mamme di “due Ciro” si sono incontrate e senza dirsi nemmeno una parola si sono perse in un forte e sentito abbraccio. Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto in seguito a un agguato poco prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, nei pressi dello stadio Olimpico di Roma nel maggio 2014, ha voluto incontrare Adelaide, la madre di Ciro Colonna, prima della fiaccolata per esprimerle solidarietà e vicinanza, per darle quel conforto al quale lei sa bene che senso attribuire.
La stessa scena si ripete accanto alle due madri: Antonio Cesarano, il padre di Genny, il 17enne ucciso nel Rione Sanità da un proiettile vagante, abbraccia, conforta e consola il papà di Ciro Colonna.
Vittime dello stesso male, cuori segnati dallo stesso lutto, bocche che possono pronunciare la frase: “so cosa si prova” ripulendola dalla banale ipocrisia della retorica.
Una lunga, lunghissima coda ha supportato e spalleggiato lo striscione all’incipit del corteo, dietro il quale c’erano i genitori di Ciro, sua sorella, i parenti, gli amici di sempre, la gente del rione e molta, moltissima gente comune accorsa da più parti per unirsi all’urlo di speranza e indignazione che pulsa nei cuori e nelle gole di chi non vuole più cedere il passo alla camorra.
Il corteo è partito dalla Chiesa del Lotto O, a due passi dal luogo in cui si è consumato l’agguato, ha sfilato tra i palazzi del rione, effettuando una doverosa sosta sotto casa di Ciro per poi convergere verso piazza Egizio Sandomenico, il luogo che accoglie il monumento dedicato alle vittime della strage del Bar Sayonara realizzato da Connie Maisto.
I palloncini bianchi lasciati volare verso quel cielo più grigio che azzurro, forse non a caso, le lanterne luminose, le t-shirt e gli striscioni dedicati a Ciro, le fiaccole alimentate da fiammelle di ardente speranza, i cori, soprattutto quelli.
Gli amici di Ciro lo acclamano a gran voce, mamma Antonella si commuove pensando al suo Ciro.
È l’inizio di un nuovo cammino per Ponticelli e da quel momento, tutte le volte che quel coro si leverà per raggiungere il cielo, a prescindere dalle voci che lo animeranno, avrà il compito di onorare la memoria di “due Ciro”: Colonna ed Esposito, entrambi vittime di un destino troppo crudele.
Queste le certezze che aleggiano su Ponticelli, tra dolore e speranza.