Un circoletto ricreativo, uno dei tanti ricavati e improvvisati nel degrado delle periferie, un’alternativa nella quale rifugiarsi per sfuggire all’inerzia e all’apatia della mancanza di svaghi ed attrattive.
Un luogo di ritrovo per i ragazzi del quartiere, un agglomerato sociale improvvisato ed eterogeneo che, ancora una volta, in pochi e violenti attimi, viene tramutato in un’agghiacciante teatro di morte.
È successo oggi pomeriggio, nel Lotto zero a Ponticelli, in via Cleopatra. L’insegna ingannevole del minimarket a ridosso di quel circolo creativo, collocato accanto ad un centro estetico e a un negozio d’abbigliamento potrebbe trarre in inganno gli occhi di un passante che non conosce bene il territorio ed ignora che, invece, quello è un luogo di ritrovo per i ragazzi della zona.
Un lunedì pomeriggio qualunque, con le nuvole che si divertono a strizzare folate di timida pioggia e il sole che s’intravede a sprazzi. Il Lotto Zero, così come gli altri rioni popolari sono un porto di mare nel cuore del pomeriggio, un via vai di motorini che sfrecciano, i bambini che giocano per strada e le persone del posto gironzolano tra le pratiche di ordinaria amministrazione. La spesa, una sigaretta sfumacchiata con un’amica mentre si vigila sui giochi dei bambini.
Improvvisamente, gli spari. Una scena da Far west, o meglio, “da Gomorra”, ma il sangue, la paura e soprattutto i morti sono reali.
Sono arrivati in due, a piedi e a volto scoperto, hanno sparato con pistole di grosso calibro, quelle che capitano tra le mani dei “pezzi grossi”, colpendo mortalmente due giovani.
Si sono allontanati a piedi, un’auto li attendeva lungo la strada parallela.
L’obiettivo dei killer era Raffaele Cepparulo, 25 anni, capo dei cosiddetti Barbudos, clan egemone tra i vicoli del centro storico di Napoli, in guerra da almeno un anno con i Giuliano-Sibillo e che si distingue per il look “islamico” dei suoi esponenti che esibiscono barbe folte e soprattutto per il macabro rituale di tatuarsi i nomi delle loro vittime.
Un omicidio che ricorda molto per modalità di esecuzione quello di Gianmarco Lambiase il 1 marzo 2015, assassinato in un altro circolo ricreativo del Lotto Zero, a una manciata di metri di distanza da quello dove si è consumato l’agguato odierno.
Cepparulo sapeva di essere nel mirino dei cecchini e negli ultimi tempi molto spesso era solito cercare “riparo” tra i palazzoni del Lotto Zero.
Proprio come fece Emanuele Sibillo, il boss della paranza dei bimbi ucciso a luglio dell’anno scorso, “stanato” in via Oronzio Costa proprio perché aveva lasciato il suo bunker nel Rione Conocal.
Oggi, invece, i killer sono giunti spediti, “a colpo sicuro”, hanno fatto irruzione nel circoletto e hanno sparato più volte contro Cepparulo.
Ma i morti sono due: l’altra vittima dell’agguato è Ciro Colonna, 18 anni compiuti da poco. Estraneo alle trame camorristiche. Ciro, nato, cresciuto e, oggi, morto nel Lotto zero era un ragazzo qualunque, uno dei tanti che in quel circolo ricreativo ci andava per giocare a carte o al biliardo.
Inutile la corsa disperata a villa Betania, Ciro è morto così: morto ammazzato, mentre cercava di ammazzare la noia peculiare di una periferia come Ponticelli, raggiunto da un proiettile alla gamba.
Se quel proiettile fosse uscito, dopo averlo colpito, forse, Ciro si sarebbe salvato.
Ma, al cospetto di una morte così illogica, la logica dei “se” e dei “ma” compie un doveroso e rispettoso passo indietro.