“Ci fossero più ragazzi come te”: una frase che Daniele si sente dire spesso. È uno studente di 21 anni, residente a Napoli e volontario presso un laboratorio artistico per bambini. L’unico ad avere meno di 40 anni in quell’angolo di generosità. Gli amici non lo trovano mai al lavoro, impegnati a racimolare soldi in qualche impiego part-time.
Anche se Daniele è solo un nome di fantasia, la frase all’inizio denuncia una situazione reale e complessa: il volontariato è cosa da benestanti, ancor meglio se adulti e del Nord.
Nel report dell’Istat “Attività gratuite a beneficio di altri” 2013 l’Italia è un paese diviso a metà: su 6,63 milioni di cittadini impegnati nel no-profit solo uno proviene dal Mezzogiorno, mentre due milioni e mezzo risiedono nelle regioni settentrionali.
Facendo un paragone per età, quasi un milione e mezzo di giovani tra i 14 e i 34 anni si interessa a fare del bene al prossimo per “acquisire competenze utili nel mondo del lavoro” e “mettersi alla prova”, come sottolinea lo stesso report. Invece, gli adulti tra i 35 e i 54 anni sono motivati dalla propria religione e dal bisogno di “contribuire alla società”: in tutto due milioni e settecento persone.
Il Rapporto Giovani 2013 dell’Istituto Giuseppe Toniolo completa il quadro offerto dall’Istat: la metà degli intervistati al di sotto dei 35 anni ha dichiarato di non aver mai svolto attività di volontariato, a fronte di un modesto 6% che le svolge con regolarità. Quasi tutti però, ossia l’80%, concordano che un’esperienza nel terzo settore sarebbe “molto utile”.
Cosa significano questi numeri? Che la propensione al volontariato è scarsa a livello nazionale, ma ancor di più nelle fasce più sensibili “meridione” e “ragazzi”. Tuttavia, quelli come il buon Daniele ci sono, eccome!
L’incertezza economica paralizza i buoni propositi: è raro trovare incentivi in denaro o agevolazioni nell’ambito scolastico in questo settore. Il più delle volte chi va a scuola o all’università lavora per sostenere le spese e aiutare i genitori. Associazioni e onlus, realtà di supporto e sostegno tra città e periferie, restano isolate e fanno poco appeal a chi cerca un appiglio sicuro, in un’epoca in burrasca dove il lavoro è carente e le istituzioni guardano da un faro lontano.
Anche la comunicazione è un fattore da prendere in considerazione: scarseggiano i piani regionali a lungo termine che coinvolgano i giovani, o meglio, sono pubblicizzati a stento quando potrebbero investire nei social. Un esempio: il CSV Napoli ha un profilo Facebook molto seguito –oltre 6mila “mi piace”- così come i due sportelli SOV attivi nelle università Parthenope e Suor Orsola Benincasa. Peccato che l’ufficio del Suor Orsola non sia aperto tutto l’anno, ma solo per qualche mese perché gestito da studenti in stage. Finito il tirocinio si chiude tutto finché qualcun altro non prende a cuore la causa e riapre lo sportello.
Nonostante le difficoltà, non bisogna vedere tutto in negativo: il 25 Maggio di quest’anno il Senato ha approvato in via definitiva il Servizio Civile Universale. Questo progetto stesso potrebbe fare da apri-pista a piani interregionali per sensibilizzare i giovani a svolgere volontariato, dando a loro la possibilità di trascorrere un minimo di due mesi in Italia o in un paese europeo. Bisogna attendere ancora per giudicare l’opportunità, dato che il bando di selezione per 35mila persone scadrà il 30 Giugno. Dopotutto, la volontà ci sta.