Un sedicenne pestato a sangue da tre coetanei.
Un’aggressione di gruppo, probabilmente insorta per futili motivi, sarà la stessa vittima a far luce sul movente e sull’intero episodio, non appena si riprenderà.
Già, perché non si è trattato di una blanda scazzottata tra adolescenti.
Il sedicenne, che lo scorso sabato mattina non è andato a scuola, ha incontrato i suoi aggressori nella piazza del paese.
Lo hanno pestato a sangue, hanno picchiato forte e lo hanno lasciato moribondo lì, per terra, riverso al suolo. Una vita la cui sorte è stata affidata alla fortuita casualità del destino: se un passante avesse allertato in tempo il 118, il giovane si sarebbe salvato. Per il branco, poteva anche morire lì: per merito delle botte che gli hanno rifilato.
Volto tumefatto, rottura della milza in diversi punti con conseguente emorragia addominale e diverse fratture costali che hanno reso necessario sottoporre il giovane a un delicato intervento chirurgico.
Questi i danni sortiti da quell’aggressione, conseguenze che ben incarnano la ferocia del pestaggio.
È successo lo scorso sabato mattina a Scicli, nel siciliano.
Non succede a Napoli e Gomorra non c’entra.
Succede che i nostri ragazzi ci stanno lanciando un messaggio forte, temibile e inequivocabile.