Scorrendo la sua bacheca di Facebook chiunque può intuire di che pasta fosse fatto, un bravo ragazzo, tranquillo. Nella sua foto profilo è in sella alla sua bici, in quella di copertina stringe un trofeo e con l’altra mano tiene il manubrio della sua più grande passione.
14 anni, una bici e quei sogni infranti a causa di un incidente automobilistico che gli è costato la vita domenica 15 maggio. Andava veloce Rosario, spingeva come un diavolo su quei pedali perché voleva diventare professionista. La bici nella vita e nella morte, all’indomani della tragedia chi voleva dedicargli l’ultimo saluto l’ha seguito fino in chiesa pedalando sulla propria bici. Intanto le indagini continuano a ricostruire cos’è accaduto, quando il giovane ciclista ha perso la vita a seguito di un impatto contro un camion per la raccolta dei rifiuti. Oltre ad un testimone oculare gli inquirenti disporrebbero anche di alcuni video registrati da una telecamera in zona.
Messina si è stretta intorno ai genitori del ragazzo che correva per la AsdNibali e che proprio del campione Vincenzo Nibali era il fan numero uno. Lo stesso professionista, impegnato nel Giro di Italia ha commentato su twitter l’accaduto. “Purtroppo sono stato raggiunto da una triste notizia. RIP Rosario non ci sono parole, 1′ di silenzio. #AsdNibali”.
In questa vicenda c’è l’assurdo. L’assurdo di una morte che si poteva evitare, l’assurdo, perché tutt’oggi non si è ancora riusciti ad inquadrare di chi sia la responsabilità, laddove qualcuno fosse responsabile. Nel coro di chi piange, ricorda e cerca di trovare un senso si alza una voce, a dare l’acuto più alto è il team manager, Lillo La Rosa che ha chiesto al sindaco strade più sicure per i giovani ciclisti, perché “i nostri ragazzi meritano rispetto e sicurezza nelle strade, le strade sono piene di buchi, il traffico è incivile: dobbiamo immaginare una città diversa, ho accanto a me la migliore gioventù e glielo dobbiamo”.
Come spesso accade c’è bisogno del sangue per puntare gli occhi delle istituzioni sui problemi reali, disagi talvolta minori, ma che aiuterebbero a prevenire incidenti, anche di entità più lieve. Non si può morire per una Passione, ma in fondo sono le nostre Passioni a farci sentire vivi. E’ paradossale come il ciclismo sia pericoloso quanto fare scalate o paracadutarsi da un aereo, ma accade anche questo, e purtroppo il fato non risparmia nemmeno i giovanissimi come Rosario Costa. Nel 2015 sono 273 i ciclisti che hanno perso la vita a causa di incidenti stradali. Una cifra importante che deve assolutamente diminuire, in un’Italia che non può essere solo pallone, in un’Italia che deve avere strade degne di essere chiamate tali, in un’ Italia più civile.