Era un giorno caldo, caldissimo a Scampia. Il cielo era grigio e le nuvole sembravano divertirsi tappando sadicamente ogni impercettibile spiraglio ai raggi di sole.
Volti segnati dalle lacrime, corpi costernati e seduti, con le spalle ricurve, mani che stringevano una sciarpa del Napoli, triste e grigia più del cielo.
Era una mattina paradossale, una di quelle in cui il sole dovrebbe abbagliare la vista, invece, il cielo scelse di vestire un abito cupo per abbracciare il volo di un’anima azzurra.
Un cielo surreale che farfugliava, a sprazzi, timide lacrime, come se per quanto fosse forte e carico il dolore che aveva fagocitato, faticava lui per primo a liberarsene.
Un cielo che imponeva rigoglioso e religioso silenzio, perché, lui per primo, non osava tuonare.
Non era in quel modo che Scampia avrebbe voluto vedere tornare a casa quell’anima azzurra. Non era quello il destino che doveva essere brutalmente imposto a quella vita. Avrebbe dovuto collezionare ancora tante trasferte, emozioni, sconfitte, vittorie, una famiglia, la normalità, tanti, tanti altri giorni, marcati da quei pensieri che scandiscono la quotidianità di tutti.
Quella vita avrebbe dovuto vedere i capelli tingersi di bianco e il viso accartocciarsi tra le rughe.
“Uno come noi”, “un ragazzo qualunque”, morto per assecondare quell’amore che batte nel petto di ognuno di noi: “il primo e l’ultimo”. E per lui è stato proprio così. Anche per questo, pure chi non lo ha conosciuto da vivo, ha pianto la sua morte.
In quelle ore, il cielo non tuonava, ma dai cuori più facinorosi riecheggiavano parole colme di vendetta, rancore, odio.
Oggi, il sole ha trovato la forza di farsi spazio tra le nuvole e scrivere su Scampia e in quei cuori tuttora doloranti, una sentenza che allevia le pene, elude il rancore, ricorda che la giustizia esiste e potrebbe perfino rimettere le anime più ribelli in pace con il mondo.
Daniele De Santis è stato condannato a 26 di carcere per l’omicidio di Ciro Esposito. La massima pena per un omicidio volontario, un ergastolo sostanziale con eliminazione di qualsiasi ipotesi di legittima difesa.
Questa sentenza chiude parecchi “conti in sospeso”, ma non riporterà in vita Ciro, ma, adesso, Ciro, potrà riposare in pace.
Oggi, esattamente come accadde nel giorno in cui Ciro morì, Scampia si è raccolta in un commovente abbraccio, ma le lacrime odierne hanno un sapore e un valore diverso, liberatorio e ugualmente solenne.