Il fatto che, negli ultimi tempi “la camorra a Ponticelli non sta più sparando”, non significa che i clan del quartiere si siano dissolti nel nulla.
La camorra a Ponticelli c’è e sa manifestare la sua temibile presenza in tanti modi.
A prescindere dalla “suggestione da pellicola cinematografica” evocata dalla vendetta attuata da una “mente occulta” contro i Sarno, volta a colpire i sentimenti dei pentiti del clan divenuti collaboratori di giustizia, mettendo a segno agguati che fin qui hanno soppresso vite di familiari innocenti, scegliendo, quindi, di regolare i conti con del sangue immacolato, l’assetto criminale del quartiere, oggi, sta seguendo una scia ben definita.
A Ponticelli, mentre apparentemente continuano gli scontri tra i De Micco e i D’Amico, se da un lato le famiglie Alberto-Guarino-Celeste perdono colpi, dall’altro i gruppi emergenti stanno sgomitando per tentare la scalata al potere. Tra questi ultimi, spicca la famiglia Cito, il cui leader dimora nel parco Merola.
Proprio durante la notte tra giovedì 12 e venerdì 13 maggio l’auto di P.C., ovvero l’aspirante boss del clan Cito, è stata incendiata al culmine di una dinamica piuttosto indicativa.
L’auto era parcheggiata nel parco, quando almeno due persone si sono introdotte all’interno dell’area che accoglie il plesso di case di proprietà del comune, – divenuta ormai celebre per le quattro opere di street art che adornano altrettante facciate dei grigi palazzoni – per scassinare l’auto, forse nel tentativo di rubarla. O forse no.
La vettura è stata spintonata da un’altra vettura fino all’ingresso del parco. Una volta piazzata davanti al cancello rosso perennemente aperto del parco Merola è stata incendiata.
Il proprietario dell’auto e i suoi familiari, notata la scena, hanno allertato i vigili del fuoco e le forze dell’ordine, ma né loro né altri condomini hanno abbandonato le loro abitazioni per cercare di spegnere le fiamme. Mille occhi barricati dietro le fessure delle tapparelle, tutti sentono, tutti vedono, ma “nessuno ha visto né sentito”.
Anche la famiglia Cito ha assistito impossibile al raid incendiario a danno della loro stessa auto, esternando forti, sentite e mirate imprecazioni.
“Bastardi”, “pezzi di m….”: frasi rivolte con cognizione di causa verso un’entità ben delineata. Un incendio tutt’altro che frutto di una bravata o di uno “sfregio” insorto al culmine di un furto non andato a buon fine e che assume una connotazione precisa, in primis, agli occhi dello stesso proprietario della vettura che in quel raid legge un messaggio forte e chiaro, direttamente a lui rivolto.
“Hanno appicciato la macchina di quello che voleva comandare lui”: bisbiglia la voce del popolo.
E, probabilmente, chi vuole fargli capire “chi comanda a Ponticelli” ha voluto e ha saputo lanciare un forte segnale alle sue velleità. E non solo.
Perché la scelta di dare fuoco all’auto proprio dinanzi al cancello d’ingresso del parco Merola non è casuale.