Tutti, in un passato più o meno remoto, abbiamo trascorso tante, lunghe, interminabili mattine, seduti dietro ad un banco verdastro, imbrattato di scritte e disegni che raccontano i sogni che straripano dalle penne di tutti gli adolescenti.
Il sabato, per tutti gli studenti, è un giorno diverso rispetto agli altri.
Il sabato è “lo sforzo conclusivo”, l’ultimo gradino che separa dovere e piacere, è il giorno in cui, tra quei banchi, si spera che il tempo passi più velocemente per sgattaiolare via dalle aule che impongono austera attenzione per dedicarsi al tanto atteso weekend.
L’attesa e la gioia che accompagna e contraddistingue il sabato sera, una pizza, gli amici, i trucchi e i vestiti “speciali”, quelli che non vanno sprecati per la scuola, perchè meritano una passerella più illustre, come la piazza del paese o il bar, dove sai che incontri proprio tutti, il fidanzato o quel ragazzo che ti fa battere il cuore, la discoteca, per chi può concedersela: queste sono le tappe imprescindibili e fondamentali di cui è composta la vita di ogni adolescente.
Chissà come avrebbe trascorso il suo sabato sera Melissa Bassi, un’adolescente come tante, diventata “famosa” nel giro di pochi minuti, per il modo in cui la sua vita è stata brutalmente spezzata, un sabato mattina di quattro anni fa. Un sabato profondamente diverso dagli altri, l’ennesimo sabato scolastico, che con la cultura e il senso civico non ha, però, alcun nesso logico.
Quel sabato, Melissa tra i banchi non c’è mai arrivata.
La sua vita si è fermata lì, fuori all’istituto “Morvillo Falcone” di Brindisi, dove, insieme alla sua inseparabile amica Veronica Capodieci, si accingeva ad entrare in classe per continuare a coltivare il suo sogno di diventare una stilista, se solo un ordigno innescato dall’illogica e brutale ferocia di qualche diabolica mente, che di umano non ha nulla, non fosse esploso, sgretolando la sua vita e gettando noi tutti nell’agghiacciante consapevolezza che un “uomo” è capace di uccidere con orribile brutalità anche i suoi figli, privi di colpe.
Perchè, oggi, Melissa voleva e doveva solo andare a scuola.
Unico frutto dell’amore di un piastrellista e di una casalinga, Melissa era la principessa di casa: coccolata e amata dai genitori, definita un “angelo” dai suoi amici.
Quell’ordigno ha devastato una vita, ne ha deturpate molte altre, ha lacerato i cuori di coloro nei quali vive ancora, almeno, un briciolo di umanità e ha sfigurato le altre adolescenti rimaste coinvolte nell’impatto.
A 16 anni, a scuola, si dovrebbe morire solo di noia