Poche risorse, con centri di assistenza a rischio chiusura, unici presidi in grado di assicurare la continuità delle cure per la patologie e le sue complicanze. A pochi giorni dalla giornata mondiale della Talassemia è ancora forte il grido d’allarme di medici e pazienti: i centri per le cure, circa 30 distribuiti sul territorio nazionale, sono in difficoltà, tra tagli e carenze di personale specializzato. E anche la Campania è in difficoltà, nonostante i 450 trasfusi-dipendenti su settemila su base nazionale. “La situazione è complicata anche da noi – spiega Silverio Perrotta, direttore del Centro talassemia della Seconda Università degli Studi di Napoli -, ci sono 3-4 centri, uno all’Ospedale Cardarelli, un altro al Ruggi d’Aragona e all’Ospedale di Nocera Inferiore, ma è assente una Rete in grado di coordinare anche le attività delle associazioni dei malati, come avviene in altre regioni, con il rischio di dilapidare i grandi passi in avanti compiuti negli anni nella cura degli ammalati, con la somministrazione orale delle sostanze chetanti. E c’è poco collegamento anche tra i centri attività, con la Seconda Università che si è accollata negli anni il ruolo di guida nella cura della patologia, mettendo a disposizione dei pazienti strumenti come la risonanza magnetica con sovraccarico di ferro, cercando sponda spesso con il Cardarelli. Ma non basta, così come non basta il personale a disposizione, che deve occuparsi anche dei pazienti nel reparto di oncoematologia pediatrica. Se i centri non funzionano al meglio, peggiora drammaticamente la condizione degli ammalati. E con i tagli lineari si rischia di peggiorare la situazione”.
Qualche giorno fa si è tenuto a Roma una tavola rotonda con la partecipazione delle associazioni dei pazienti federate in UNITED (Unione Associazioni per le Anemie Rare la Talassemia e la Drepanocitosi) che insieme a SITE (Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie) hanno promosso la prima indagine mai realizzata in Italia sul carico complessivo della malattia talassemica, il “Valore per la persona con Beta Talassemia Major”, curata dalla Fondazione Istud, che ha coinvolto in modo parallelo i pazienti talassemici e i loro medici curanti per rilevare criticità, bisogni e aspettative legate al processo di cura. Dallo studio è emerso come oggi la talassemia, per quanto malattia cronica e con un percorso terapeutico che incide sulla quotidianità, consenta un’attesa di vita più duratura e soprattutto di qualità, con gli ammalati che lavorano, mettono su famiglia, traguardo impensabile fino a pochi anni fa. Traguardi che rischiano di essere compromessi per le difficoltà finanziarie e organizzative nei centri di cura italiani in cui i talassemici compiono l’intero percorso diagnostico-terapeutico dalle trasfusioni fino alla gestione delle eventuali gravi complicanze come la cardiopatia, le endocrinopatie, l’epatopatia.