La prima puntata della seconda e attesissima serie di “Gomorra” è andata in onda ieri sera, 10 maggio, su Sky Atlantic, ma, a dispetto delle potenziali limitazioni imposte dalla play per view, milioni di italiani hanno stoppato le loro vite per seguire le evoluzioni della trama ambientata lungo le vie della camorra napoletana.
In un clima spaventosamente deserto, paragonabile solo a quello che accompagna le partite di cartello della nazionale di calcio italiana, senza, però, squarci di sussulti e boati di gioia improvvisi, Napoli, avvolta in un mantello di religioso silenzio, ha seguito le nuove avventure di Genny Savastano e company.
Una prima puntata fortemente condita da scene di brutale violenza.
In particolare, l’uccisione di Deborah, moglie di Ciro Di Marzio, anche noto con il soprannome di “Immortale”, per mano dello stesso marito, ha scosso e non poco l’opinione pubblica.
Una storia “forte” che ben personifica la ferocia della camorra e che ha scalfito negli occhi degli spettatori innumerevoli suggestioni.
Ci pensa una giovane ragazza di Scampia, in passato sentimentalmente legata a “un uomo del clan”, a raccontare le emozioni legate a quelle scene:
“Quando avevo 19 anni ero l’amante di un affiliato a uno dei clan più “cattivi” della zona. Era sposato, aveva i figli, era un camorrista, anche se non uccideva, era comunque un camorrista, ma questo l’ho capito dopo. In questa realtà, quando ti corteggia un uomo che tutti sanno chi è, cosa fa e a chi appartiene, in un certo senso ti senti “onorata” del fatto che ti abbia scelto, perché la gente ti guarda con rispetto e non come una poco di buono. Io l’ho scoperto dopo che era sposato, lo giuro, non è una bugia che dico per alleggerirmi la coscienza o per non fare una brutta figura. Sua moglie e i suoi figli vivevano in provincia di Caserta. Lui aveva 27 anni all’epoca e aveva tre bambini. Nel quartiere lo sapevano tutti che era sposato, ma nessuno diceva niente. A un camorrista è permesso e concesso tutto. Anzi, è sempre stato un fatto normale che gli uomini dei clan si circondassero di donne e fossero abituati a fare i loro comodi.
Il primo regalo che mi fece fu una collanina con il ciondolo dell’iniziale del suo nome, mi disse che non me la dovevo togliere mai, perché era “un marchio” che faceva capire a tutti che ero “roba sua”. I complimenti, un sacco di belle parole, le cene nei ristoranti più costosi e le notti d’amore negli alberghi più lussuosi, tanti regali, una volta prenotò un intero centro benessere solo per noi. Mi raccontava che lavorava in un’azienda importante per un imprenditore di successo, a quell’età tante cose non le capisci, forse non le capisci mai o appartenendo a questa realtà quel modo di fare e di vivere ti sembra normale perché è il contesto che ti abitua a certe cose e un boss agli occhi della gente che vive qui è veramente un imprenditore di successo.
Quando ho scoperto che era sposato, per me è iniziato un incubo che ho rivissuto di nuovo, ieri sera, attraverso la storia di Deborah, la moglie di Ciro l’immortale.
Le promesse che un camorrista fa a una moglie come Deborah, una di quelle che non pensano che vivere in quel modo sia una cosa bella, sono le stesse che un uomo sposato fa alla sua amante.
“È l’ultimo agguato”, “è l’ultima rapina”, ma sia la moglie che il marito sanno che dalla camorra non si esce “liberi”: o muori ucciso o ti arrestano, non ci sono altre alternative.
“È l’ultima sera che torno da lei”, “il bambino sta poco bene, lo faccio solo per i miei figli”: allo stesso modo, davanti a queste frasi, sia l’uomo che l’amante sanno che quel tanto atteso e promesso giorno, in realtà, non arriverà mai e che quell’amante resterà tale.
Un uomo infedele alla moglie e un uomo fedele alla camorra sono la stessa cosa: bugiardi, egoisti, pronti a tutto pur di ottenere i loro scopi, convinti di poter usare le persone come burattini.
Esistono solo le loro regole e i bisogni, i sentimenti, la volontà delle persone che li circondano non contano niente.
Questo l’ho capito e imparato sulla mia pelle, quando ho scoperto che era sposato e che, oltre che con me, stava anche insieme ad altre donne.
È diventato opprimente, geloso, ossessivo. Minacciava i miei amici, gli diceva che se venivano a prendermi per portarmi a ballare o a mangiare una pizza, gli sparava nelle gambe. Avevo iniziato a lavorare come estetista a domicilio, ma mi ha costretta a smettere, perché diceva che non era rispettoso nei suoi confronti che andavo in case in cui ci potevano essere anche altri uomini.
“Se ti servono i soldi, te li do io, che devi lavorare a fare!?”, mi diceva. Trascorrevo le mie giornate chiusa in casa, senza fare niente. Aspettando la sua telefonata. A volte non si faceva vivo per giorni interi, ma se per caso veniva a sapere che ero uscita un attimo per andare anche solo a fare una commissione, erano guai per me. Quando mi telefonava per venirmi a prendere, mi diceva pure come mi dovevo vestire, dall’intimo alle scarpe.
Ero un oggetto, una cosa di sua proprietà. Non vedevo vie d’uscita, mi sentivo prigioniera di qualcosa di brutto. Quello non è amore, ma l’ho capito tardi.
Anche io, come Deborah, ho provato a scappare due volte, ma mi ha sempre trovato e tutte e due le volte mi ha fatto capire “con le cattive maniere” che era meglio se non ci riprovavo.
Perché non sono andata dalla polizia?
In molti se lo chiederanno, anche io me lo sono chiesta tante volte. Per non fare la fine di Deborah è la risposta che meglio esprime quello che si prova vivendo una situazione così.
Ci sono andata vicina pure io, proprio perché una volta, mentre stavamo litigando per l’ennesima volta gli dissi che tra di noi era tutto finito e non mi doveva cercare mai più, altrimenti avrei “cantato” alla polizia lui e gli amici suoi. Lo dissi perché se gli dicevo che avrei raccontato di noi a sua moglie mi rideva in faccia e mi rispondeva che sua moglie sapeva e che le interessava solo che la sera tornasse a casa da lei e dai suoi figli.
Mi afferrò per la collanina che mi aveva regalato e me la stringeva forte intorno al collo, talmente forte che la collanina gli si spezzò tra le mani, in quei momenti ho creduto di morire e, infatti, con gli occhi indemoniati mi disse: “e se lo fai veramente, io t’accir’!”
Forse mi sono salvata solo perché la collanina si è spezzata, ma quando disse quella frase, l’odio che ho visto nei suoi occhi e che ho sentito nella sua voce mi fecero capire che era sincero, pensava quello che diceva.
Da quel giorno, però, iniziammo a vederci sempre di meno e quando ci vedevamo mi trattava come una prostituta.
Ho bruciato un pezzo di quelli che dovevano essere gli anni più belli della mia vita e lo rimpiango, tantissimo. Ogni giorno.
Com’è finita?
Lo hanno arrestato. E a me non resta che sperare che rimanga in carcere il più a lungo possibile per non ripiombare di nuovo in quell’incubo. Non voglio fare la fine della moglie dell’Immortale.”