29 anni fa, Napoli salì sul gradino più alto e glorioso d’Italia, pareggiando contro la Fiorentina.
29 anni fa, Napoli era una città paralizzata dal desiderio, indomabile, incontenibile, genuino, sincero, di far festa. Le immagini del delirio partenopeo hanno fatto il giro del mondo e hanno scritto la storia, del calcio e non solo.
Caroselli, bandiere, trombe che starnazzano, scugnizzi che fanno il bagno nella fontana di Piazza Trieste e Trento, lunghe tavole imbandite che serpeggiano tra i vicoli.
Una festa protrattasi per giorni, la “Napoli capitale del calcio” aveva imposto alla Napoli città di indossare l’abito più consono per suggellare l’atteso e topico avvenimento.
Così, in ogni angolo, in ogni vicolo, penzolante da ogni balcone, dai quartieri, alle periferie, vi era un tricolore che volteggiava nell’aria, un orpello, un effige azzurra che rendeva omaggio allo storico avvenimento. Finanche murales ed altari che tutt’oggi seguitano a narrare il visibilio che infervorava Napoli durante quei giorni d’incontenibile tripudio. Si mangia, si balla, si beve, si canta, si fa festa, ma alla maniera di Napoli.
L’intera città si tinge d’azzurro, in tutti gli occhi si legge a marcate lettere la commossa e partecipata gioia, l’orgoglio, la fierezza, l’emozione, quella unica, irripetibile, quella che scandisce e contraddistingue “la prima volta”. In quei giorni, Napoli, i napoletani hanno fornito a tutto il mondo immagini nitide ed eloquenti che personificano ed estrinsecano, in maniera semplice ed essenziale, il concetto di “popolo“: emeriti sconosciuti che vicendevolmente si appartengono, perché, guardandosi negli occhi, riconoscono il medesimo senso di appartenenza, quella stessa gioia che gli pulsa nel cuore, quegli stessi brividi che gli tatuano la pelle.
Quindi, si abbracciano, brindano insieme, siedono allo stesso banchetto, si salutano e si sorridono, forti della consapevolezza di essere figli della stessa madre: Napoli. Nonché innamorati della stessa fede: il Napoli.
29 anni fa, i napoletani hanno consegnato al mondo intero, l’insegnamento che, loro per primi, avevano appreso grazie a quella “prima volta”: questo popolo, quando è coeso ed unito, personifica una forza invincibile capace di conferire la più rotonda e copiosa accezione di senso alla parola “felicità”.