Vincenzo Carbone: un ventenne come tanti, uno dei tanti che all’ombra del Vesuvio ha voluto giocarsi la carta del successo, provando a farsi spazio tra le venature di quel mondo neomelodico che troppo spesso manifesta collusioni con la sfera criminale.
Le suggestioni raccontate da Gomorra sono tutt’altro che frutto di fantasiose invenzioni: troppo spesso, infatti, la camorra si serve della voce delle icone di genere per amplificare e diramare messaggi finalizzati a consolidare il potere criminale e fidelizzare seguaci, idee, ideali.
La storia ci insegna che, in passato, è accaduto anche che fossero gli stessi boss a scrivere i testi delle canzoni da imboccare ai neomelodici.
E quelle fin qui prospettate non sono le uniche forme di coalizione tra questi due mondi, apparentemente disconnessi, eppure, di fatto, tanto finemente intrecciati.
Dal controllo delle serate e delle esibizioni nel corso delle acclamate cerimonie, senza tralasciare serenate e feste di piazza: il feeling tra manager dei neomelodici e camorra è notoriamente consolidato.
Ma le losche trame che possono tessere questo grottesco e discusso mondo, non si limitano a questo.
Ci sono anche i “nuovi mostri”.
La vicenda emersa proprio per merito delle gesta di Vincenzo Carbone, più noto nel contesto neomelodico con il nome d’arte di Enzo Di Palma, lo dimostra.
Una carriera iniziata in età adolescenziale, quando Enzo nei videoclip delle sue canzoni appariva goffo, cicciottello, impacciato, marcando alla perfezione lo stile canoro e comportamentale riconducibile ai più quotati esponenti del new pop neomelodico.
In effetti, nel corso degli anni, Di Palma è andato incontro ad una metamorfosi che lo ha reso assai somigliante al celeberrimo cantante Raffaele Migliaccio, alias Raffaello, con il quale ha anche realizzato un brano e manco a farlo di proposito, finito in seri guai giudiziari l’estate scorsa.
Inizia così la strada verso l’oblio della perdizione per Enzo Di Palma: da brutto anatroccolo a neomelodico “finito”, sicuro – forse troppo – che quella sia la sua strada e pronto a tutto per fare in modo che quell’ambizione non si rivelasse un’utopistica chimera. Ubriacato da quel vizioso ed esigente copione che impone di “volare alto” per sentirsi qualcuno ed essere qualcuno agli occhi della gente. E questo vuol dire tanti “like”, migliaia di followers e visualizzazioni, sciami di ragazzine che cantano a squarciagola le tue hit alle feste di piazza o mentre sfrecciano sui motorini, la voce dello speaker della seguitissima radio locale che dalle case popolari annuncia il tuo brano, le foto con le fan, le asfissianti scene di delirio che accompagnano le uscite in pubblico.
E molto, molto altro.
Enzo Di Palma sognava il successo vero, quello che fa girare la testa alle ragazze e fa ingiallire dall’invidia i competitors o “rivali” che dir si voglia.
E quel successo, Enzo, probabilmente lo aveva rilevato nell’exploit di Nico e i suoi Desideri, grazie al celeberrimo brano “Made in Napoli”, diventato un autentico tormentone canticchiato anche ben oltre le mura della Campania, realizzato in featuring con l’icona del rap Clementino.
Rap miscelato al genere neomelodico: un cocktail che sa rivelarsi puntualmente vincente catturando facili consensi tra le frange di giovani che apprezzano entrambi gli stili.
Un’unione d’intenti sulla quale Di Palma ribadisce di voler puntare quando lo scorso marzo lancia il brano “Chesta sera voglio parlà e te” realizzato in featuring con Dope One, uno dei rapper più navigati della scena hip hop partenopea.
Dal suo canto, Clementino campano d’origine, partito dall’hinterland vesuviano zaino in spalla e accompagnato solo da talento e determinazione, per conquistare le luci della ribalta del panorama musicale internazionale ha macinato sacrifici e gavetta, senza mai dimenticare o rinnegare le sue origini e quell’umile indole di fedele cantore della sua terra e per questo non poteva immaginare che proprio tra le strade della realtà in cui è cresciuto potesse celarsi una temibile minaccia.
Il successo legittimamente conquistato dalla “Iena White” impatta con la famelica ambizione di Enzo.
Clementino: uno che ce l’ha fatta e che per questo – secondo un principio malsano, morboso e tutto da decifrare – dovrebbe sentirsi in dovere di mettere quella consolidata visibilità al servizio dei suoi conterranei.
Almeno, questo è quanto si aspettava che accadesse Enzo. E quando ha sbattuto la testa contro il rifiuto di Clementino, ha preteso che questo fosse quello che accadesse.
Enzo suo fratello e suo padre, quindi, pensano che è cosa buona e giusta “agire” per tramutare quel secco “no” in un più docile e sommesso “se po’ fa”.
Minacce e intimidazioni telefoniche rivolte al rapper, a suo padre e a suo zio, un tentativo di speronamento ai danni dell’auto sulla quale viaggiava Clementino lo scorso novembre, mentre si stava recando a Lago Patria per una serata e, infine, il raid che ha sancito il definitivo punto di non ritorno: lo scorso gennaio, l’auto del cantante è stata data alle fiamme proprio mentre era parcheggiata sotto casa sua nel nolano.
Enzo e i suoi familiari finiscono ai domiciliari, perché Clementino non cede ai ricatti e denuncia.
Urla Clementino, com’è abituato a fare quando impugna il microfono sul palco e converte la rabbia in rime. Clementino posta sui social le foto che ritraggono la sua auto divorata dalle fiamme e consegna agli inquirenti gli elementi utili per consegnare i suoi molestatori alla giustizia, mettendo così fine ai sogni di gloria di quella piccola e sfrontata star.
“Fratellone io sono con te, non pensare a questa gente che dice, lo sappiamo tutti che tu non fai male nemmeno ad una mosca… Spero che tutto questo finirà al più presto”
“Fratello io sono con te sempre! Ti voglio un mondo di bene! Nun penzà a nisciun vai avanti non mollare! …….e voi tutti altri smettetela di attaccare, criticare ecc. Come è prima era buono Enzo Di Palma e mò nun è buon cchiù?”
Così, quello che resta dei suoi fan, esprimono solidarietà e vicinanza attraverso i social a Vincenzo Carbone: uno che ha provato a vivere un sogno servendosi di “Enzo Di Palma”.