Fin dagli albori della vicenda, quando il rapper Clemente Maccaro, più noto semplicemente come “Clementino”, pubblicò sui social le foto della sua auto data alle fiamme, fu chiaro a tutti che dietro quel raid si celassero una mente e una mano criminali. Un incendio di natura dolosa che facilmente lasciava intravedere gli inconfondibili e marcati tratti della minaccia/avvertimento rivolti al cantante nato ad Avellino, ma cresciuto a Camposano.
Un incendio appiccato proprio quando l’auto era parcheggiata nei pressi della residenza napoletana del cantante, nella sua terra natia, quindi nel nolano.
Chi aveva agito conosceva bene Clementino e voleva inviargli un messaggio chiaro: questa consapevolezza ha fin da subito contraddistinto l’intera vicenda. Un sentore galvanizzato dal post del cantante che all’indomani dell’episodio, lo scorso 21 gennaio, contestualmente alle foto, pubblicava sui social il seguente messaggio: «Non ho debiti, non ho rubato la donna a nessuno, non ho fatto niente che possa giustificare un atto del genere. Sembra una intimidazione, ma perché? Forse perché non ho fatto qualche collaborazione musicale a qualcuno? Può essere».
Una pista ben chiara quella che traspare dalle parole del rapper e che, oggi, trova una concreta attendibilità.
Tre uomini sono finiti in manette accusati di tentata estorsione ai danni di Clementino.
Si tratta di Carbone Massimo, 53 anni, Carbone Luigi, 26 anni e Carbone Vincenzo, 20 anni, quest’ultimo cantante neomelodico.
Secondo quanto emerso dalle indagini, svolte dalla Squadra Mobile di Napoli, Sezione Criminalità Organizzata, coordinata dalla Procura della Repubblica di Nola, i Carbone, il padre e i due figli, a seguito del diniego del “Clementino” di incidere un brano unitamente a Vincenzo, meglio conosciuto con il nome d’arte di “Enzo di Palma“, esercitavano una serie di vessazioni e minacce gravi nei confronti non solo del noto rapper, ma anche del padre e dello zio, suo factotum, e di alcuni componenti del suo staff per costringerlo alla collaborazione artistica con il neomelodico.
I tre hanno fatto giungere minacce telefoniche a Clementino e anche ai suoi familiari affermando che lo avrebbero sequestrato in caso di perdurante rifiuto ad ottemperare alle loro richieste.
E non è tutto. Lo scorso novembre, mentre Clementino si stava recando in un locale a Lago Patria dove era atteso per un’esibizione, la sua auto ha subito un tentativo di speronamento. Un segnale, un avvertimento, l’ennesima intimidazione alla quale ha fatto seguito, per l’appunto, l’incendio doloso delle stessa vettura due mesi dopo.
Gli arrestati sono stati rintracciati a Palma Campania, presso le rispettive abitazioni, dai poliziotti della Squadra Mobile di Napoli e posti agli arresti domiciliari.
Un connubio inquietante, ma consolidato, quello che troppo spesso accosta il mondo neomelodico alla criminalità.
Di certo, il rapper che ha saputo conquistare il successo imbastendo una gavetta densa di sacrifici, ha consegnato un esempio degno della sua fama di “big”. Incapace di cedere al ricatto e alle minacce, ha sottolineato ai cultori di quella corrente di pensiero qual è “la “vera legge del più forte” che, alla lunga, consente al cavallo vincente di tagliare il traguardo a testa alta.