Napoli, città orientale ed europea, ed in seguito italiana, nel corso della sua storia plurimillenaria, si presenta sotto il segno di una seducente ambiguità, come città liminale, tra cielo e terra, tra marginalità e centralità, luogo travestito di virilità matriarcale e di dolcezza efebica mediterranea.
La città sembra l’insediamento d’una tribù restata pura e preservata attraverso il tempo, come l’aveva evocata Pasolini nelle sue opere e soprattutto nel suo Decamerone, girato a Napoli con degli attori napoletani e in “lingua” napoletana agli inizi degli anni 1970. Eppure alla stessa epoca, Napoli si mette in scena, visibilmente eccitante come New York. Prima località “me ne fottista”, postmoderna, secondo la visione artistica del drammaturgo, romanziere e cineasta, Giuseppe Patroni Griffi.
Questo libro traccia una riflessione su Napoli e la sua identità antropologica “travestita”, attraverso gli aspetti contradittori del Decamerone “napoletano” di Pasolini e le opere di Patroni Griffi, centrati sul personaggio del femminiello-travestito.
I «femminielli»: così vengono chiamati i travestiti vivendo nel centro storico di Napoli, ricordando l’origine greca della città, in una specie d’ambiguità erotica e socioculturale. Rimettono in causa, in maniera teatralizzata, le regole di comportamento stabilite dalle norme.