L’ennesima puntata della storia tristemente infinita consente a quel discutibile “conto aperto” che concorre ad inasprire gli animi tra tifosi azzurri e giallorossi, di emergere in tutta la sua immutata ed alacre attualità.
Roma provoca, Napoli replica.
Nei giorni scorsi al centro di Roma sono apparsi degli striscioni a sostegno di Daniele De Santis, l’ex ultrà romanista artefice del ferimento rivelatosi mortale del tifoso napoletano Ciro Esposito, il 3 maggio del 2014, nei pressi dello stadio Olimpico di Roma.
Proprio ai margini della zona del Colosseo, infatti, qualche giorno fa alcuni tifosi giallorossi avevano espresso solidarietà nei confronti di De Santis per il quale il pm, durante l’ultima udienza, ha chiesto la condanna all’ergastolo. “Daniele figlio di Roma, nessuno ti abbandona”: recitava il suddetto striscione. ” Romanisti non ti abbandonano, Daniele no mollare!”
Celere e puntuale la replica dei supporters azzurri.
In via Acton, lungo il tunnel della galleria Vittoria e nei pressi di Piazza Garibaldi, infatti, sono stati affissi striscioni riportanti la scritta “Gastone infame” e contenenti invettive contro il settore Curva Sud.
Un copione già visto e che concorse a surriscaldare non poco gli animi, proprio nei giorni che seguirono i fatti di Roma.
Nel Rione Sanità, poco distante dal cimitero delle Fontanelle furono affissi alcuni striscioni minatori rivolti a De Santis, unitamente ad un fantoccio romanista impiccato con una corda. Messaggi che lasciavano presagire che “quella Napoli” era pronta a sporcarsi le mani di sangue per sfamare con altra violenza il desiderio di giustizia che dopo la sopraggiunta morte di Ciro è diventato quasi ossessivo. A pochi metri da quell’agghiacciante “allestimento scenografico”, su un muro spiccava la scritta “Speziale libero”. Ovvero, quasi sicuramente, la firma degli artefici dell’opera: gli ultras, quelli ai quali è stata inferta la sanzione più severa, quelli che notoriamente vivono proprio lì, nel Rione Sanità, nel centro storico di Napoli, gli unici ad aver pagato, finora, con quel daspo che limita l’accesso allo stadio e ferisce “la mentalità”, nell’orgoglio e dell’onore. E a questo, anche a questo, secondo quella stessa “mentalità” corrisponde un prezzo da pagare.
Loro, gli autori di quello spettacolo né satirico né drammatico, interpreti di “quella Napoli” che si muove controcorrente, incapace di fare passi in avanti, perché la ristrettezza mentale nella quale sono imprigionati dagli stessi dogmi che sono tenuti a rispettare, impedisce alle gambe dell’evoluzione ideologica e culturale di compiere passi in avanti. Quella, secondo la loro legge, è l’unica strada perseguibile, non per ottenere giustizia, ma per appropriarsi indebitamente della giustizia. O meglio, di quell’unica, cruenta e primitiva vendetta che “la mentalità” addita come giustizia. Quello è l’unico modo auspicabile ed attuabile, perché, “la mentalità” non conosce altri metodi né modi. In realtà, “la vera Napoli” ha mostrato e dimostrato di essere desiderosa e capace di rivendicare un’altra forma di giustizia, scevra dalla barbarie che insudiciano spranghe, pistole e coltelli, bensì coronata dai bagliori delle luci di cui sono pregne la lungimiranza e la battaglia ideologica brillantemente personificata dalla civiltà e dalla compostezza della famiglia Esposito, da mamma Antonella Leardi, “la mamma d’Italia”. Napoli seguita, incessantemente ed instancabilmente, a dimostrare di volere e saper essere un popolo capace di credere nella forza delle idee. “Questa Napoli” è più che degnamente e dignitosamente rappresentata dalla famiglia di Ciro Esposito: “Non siamo per la violenza, ma per la giustizia. Il nostro messaggio ai napoletani è non confondere la giustizia con la vendetta. Finiamola con la violenza: quello che è successo all’Olimpico deve essere un monito per tutti”.
Appena qualche giorno dopo, Ciro Esposito, quando era ancora in vita, veniva denigrato e beffeggiato da quella stessa “mentalità”.
Uno striscione portatore di un messaggio di una gravità disarmante, in quanto affermava, in maniera inequivocabile ed esplicita che le mancate sanzioni ai danni di colui che aveva esploso colpi di arma da fuoco contro più persone, legittimano ed incoraggiano la violenza: “Daniele a noi ce l’ha imparato, sparare a Ciro non è reato!”
Con il senno di poi, è cambiata la forma, ma non la sostanza.
E la storia tristemente infinita, continua…