Alla vigilia delle elezioni amministrative, una nuova e pesante bufera travolge il Pd.
Dalle intercettazioni di un’inchiesta per tangenti, spuntano rapporti tra il consigliere regionale del Pd, Stefano Graziano e un imprenditore ritenuto legato al padrino del clan dei Casalesi Michele Zagaria.
Un’inchiesta che fin qui ha portato a nove arresti per corruzione aggravata. Al centro della scena il comune casertano di Santa Maria Capua Vetere, finito al centro di uno scenario contraddistinto da possibili scambi di favori e voti inquinati.
Ora Graziano è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura ha ordinato ai carabinieri di Caserta e alla Tributaria della Finanza di perquisirne le abitazioni a Roma e in provincia di Caserta e l’ufficio in Consiglio regionale.
Nato ad Aversa, 45 anni, Graziano inizia la sua carriera nel centrosinistra nel solco prima di Ciriaco De Mita e poi di Marco Follini, con il quale dà vita a Italia di mezzo. Dopo la fondazione del Pd, diventa capo del tesseramento nazionale e deputato per una legislatura. Tra il 2013 e il 2014 approda con una consulenza a Palazzo Chigi con l’allora premier Enrico Letta, incarico poi non rinnovato dal governo Renzi. Graziano ieri si è autosospeso dal partito: “Sono totalmente estraneo a qualsiasi vicenda illecita”.
Nel mirino degli inquirenti ci è finito l’appalto da due milioni di euro per realizzare il cosiddetto Polo della legalità nello storico Palazzo Teti Maffuccini di Santa Maria Capua Vetere. Una gara per la quale sarebbero girate mazzette per circa 100 mila euro, 70 mila dei quali versati. L’opera rischiava, però, di perdere i finanziamenti perché lo stanziamento di bilancio imponeva l’inizio dei lavori entro una data, il 30 giugno 2015, ritenuta troppo ravvicinata. Così l’allora sindaco della città sammaritana Biagio Di Muro – attualmente detenuto per corruzione aggravata – si sarebbe mosso presso il ministero dell’Interno per lo spostamento del finanziamento ad un altro capitolo di bilancio, “dalla misura 2.5 al Piano azione giovani sicurezza e legalità”, così da guadagnare almeno un anno di tempo. È qui che entra in scena Graziano, al quale si fa riferimento nelle intercettazioni del 15 novembre 2014 tra Di Muro e Alessandro Zagaria, imprenditore della ristorazione ritenuto legato al boss. I due parlano di politica e di affari.
“Ma che c…stai dicendo, io tengo per il Pd”, dice Zagaria a Di Muro. E aggiunge: “E già non sta bene… perché noi dobbiamo portare a Graziano (Stefano, precisano gli inquirenti) e tu non ti fai vedere. Ti dovrei allontanare io a te! O no?” In un’altra conversazione, Di Muro fa esplicito riferimento all’appalto e all’aiuto che Graziano avrebbe dovuto fornire affinché il finanziamento venisse trasferito da un capitolato di spesa ad un altro. Di Muro: “Io tengo un santo in paradiso che mi protegge!… o no?”. Zagaria: “Come a me! Quando va bene…hai capito?… in grazia di Dio! Quello domani va a Roma e giovedì siamo qua”. Ma su quale interlocutore romano sarebbe intervenuto Graziano? È uno degli aspetti sui quali la Procura vuole fare piena luce.
Zagaria si sarebbe impegnato a “prestare l’appoggio elettorale” contando “sulla disponibilità” di Graziano “quale importante pedina politico-amministrativa necessaria – scrive la Procura – per l’esistenza e l’operatività del clan” di cui Zagaria viene ritenuto “certamente espressione”. La polizia giudiziaria li pedina in periodo preelettorale e “documenta plurimi incontri” fra i due prima delle elezioni. Dopo il voto, Graziano risulta aver avuto “contatti telefonici” con Zagaria, “dai quali emergeva la riconoscenza dell’esponente politico nei confronti di Zagaria”.
La storia si ripete: il padre di Di Muro fu condannato per tangenti e gli fu confiscato lo storico palazzo Teti Maffuccini, che ospitò anche Giuseppe Garibaldi. Ed ora, proprio intorno al restauro di quel palazzo, si scopre il giro di mazzette che travolge suo figlio. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dal Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di finanza e dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta. Nell’inchiesta sono coinvolti imprenditori, funzionari comunali e professionisti. I reati ipotizzati a vario titolo vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta e falso ideologico. Ipotizzata anche l’aggravante di aver agevolato la criminalità organizzata e in particolare il clan camorristico dei Casalesi.
Biagio Di Muro, fino a dicembre 2015 sindaco di Santa Maria Capua Vetere, è in carcere insieme all’imprenditore del settore della ristorazione, Alessandro Zagaria, 30 anni, nessuna parentela con il boss Michele, l’unico però che deve rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso. Altri sette indagati tra funzionari comunali e professionisti sono agli arresti domiciliari: tra loro anche il funzionario del Comune casertano, Roberto Di Tommaso.
Uno dei professionisti finiti ai domiciliari per corruzione, l’architetto napoletano Guglielmo La Regina, fa riferimento in un’intercettazione con un’altra indagata, la professionista Loredana Di Giovanni, alla sua amicizia con Alessandro Picardi, compagno della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, (entrambi estranei alle indagini) “con il quale – annota la polizia giudiziaria – egli andrà in vacanza”. Un viaggio che non sarebbe mai avvenuto. La Regina aggiunge “che la cosa potrebbe interessare il marito di Loredana, che opera in campo sanitario”.
Tra gli alti ranghi del Pd, intanto, regnano imbarazzo e parole molto caute e misurate. Il premier Matteo Renzi, ha voluto subito le dimissioni di Graziano. Vale la presunzione di innocenza ma l’accusa è pesante e il Pd non vuole ombre. Graziano inoltre ha anche avuto un ruolo di consulente a Palazzo Chigi tra il 2013 e il 2014, ma – sottolineano fonti del governo – quel ruolo che era stato deciso dal governo Letta non è stato rinnovato sotto Renzi.
“Sulle notizie che arrivano da Caserta ci auguriamo che si faccia chiarezza al più presto, che si possano rapidamente chiudere le indagini e definire la posizione di chi è coinvolto. Nel frattempo, totale e incondizionata fiducia nel lavoro della magistratura”. Così Lorenzo Guerini, vicesegretario del Partito democratico, sull’indagine che vede coinvolto Graziano.
Interviene anche Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e leader del Movimento 5 stelle, che scrive su Facebook: “Il presidente del Partito democratico campano è indagato per camorra. Piccolo dettaglio: fino all’anno scorso era anche consulente del governo Renzi. Vi prego liberiamo l’Italia“.
“Bisogna comprendere più nel dettaglio la vicenda”, dichiara il sindaco di Napoli Luigi de Magistris. “Si tratta di indagini per le quali non bisogna mai giudicare frettolosamente, però, ancora una volta, un esponente apicale del Pd viene coinvolto in vicende giudiziarie assai gravi, addirittura per quanto attiene a legami con una delle più potenti organizzazioni mafiose in Italia. La rottamazione di Renzi non è mai iniziata, anzi. Ed è per questo che continuiamo nella nostra battaglia per dimostrare che in politica non sono tutti uguali ma che ci sono anche persone che si schierano, con onestà e coraggio, per impedire che tra politica e crimine organizzato ci siano zone grigie o di collusione”.
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