Il premier Matteo Renzi torna a Napoli dopo le ultime visite per la cabina di Regia di Bagnoli e i musei di Pietrarsa e Capodimonte: «Domani firma del Patto per la Campania a Napoli, prima firma di accordi con le Regioni e i principali comuni del Sud, come da nostro impegno sul “masterplan per il mezzogiorno”».
Se nel periodo 2001-2013 è tornato ad allargarsi il divario di produzione e reddito tra Mezzogiorno e Centro-Nord, oggi si avvertono alcuni primi segnali positivi: nel secondo trimestre di quest’anno l’occupazione (+2,1% nel Mezzogiorno contro +0,8% in media nazionale) come pure le esportazioni verso i mercati internazionali (+7% al Sud nel primo semestre contro +5% nazionale) sono aumentate in misura maggiore nel Mezzogiorno rispetto alla media nazionale.
Sappiamo bene che questi segnali si innestano su una situazione di partenza più arretrata: il Pil prodotto nel Mezzogiorno è pari solo al 20% del Pil nazionale; la quota del nostro export prodotta nel Sud è ancora più bassa, il 10%; il tasso di occupazione è il 42,6% contro un dato nazionale al 56,3.
Il Masterplan per il Mezzogiorno intende partire dai punti di forza e di vitalità del tessuto economico meridionale – aerospazio, elettronica, siderurgia, chimica, agroindustria, turismo, solo per citarne alcuni – per collocarli in un contesto di politica industriale e di infrastrutture e servizi che consentano di far diventare le eccellenze meridionali veri diffusori di imprenditorialità e di competenze lavorative, attrattori di filiere produttive che diano vita a una ripresa e a una trasformazione dell’insieme dell’economia del Mezzogiorno.
In termini economici, questo si traduce in circa 95 miliardi, da qui al 2023, da destinare allo sviluppo.
L’intento è quello di dare un respiro più ampio a queste azioni nel quadro di una più generale politica per il Mezzogiorno, attraverso l’attuazione di una politica fatta di obiettivi concreti, di strumenti realmente attivabili, di impegni verificabili.
Il Masterplan intende partire dai punti di forza del tessuto economico meridionale per valorizzarne le capacità di diffusione di imprenditorialità e di competenze lavorative e per promuovere l’attivazione di filiere produttive autonomamente vitali.
Il primo tassello del Masterplan riguarda allora le condizioni di contesto, articolabili in due ambiti: le regole di funzionamento dei mercati e la predisposizione di fattori di produzione comuni, ossia infrastrutture e capitale umano.
Per quanto riguarda le regole, il Masterplan parte dall’azione di liberalizzazione e riforma dei mercati impostata dai governi di centrosinistra della seconda metà degli anni Novanta e punta per un verso, abbattendo le protezioni monopolistiche e le rendite grandi e piccole, a dare spazio a tutti coloro che mettano in gioco le proprie capacità imprenditoriali e lavorative e, per altro verso, a mettere in moto processi di aggregazione delle aziende di servizio pubblico locale per farne realtà dinamiche che, dando respiro industriale ai servizi, ne accrescano l’efficienza e l’efficacia nel rispondere ai bisogni delle comunità locali. In questo quadro, giocano un ruolo essenziale anche le nuove regole fiscali che puntano a sostenere la capitalizzazione delle imprese – come la cosiddetta ACE – e a rendere più attrattivo l’investimento – come la riduzione dell’IRES varata con la Legge di Stabilità. E giocano un ruolo essenziale regole di funzionamento dei mercati finanziari – Fondo Centrale di Garanzia, minibond – e azione dei soggetti bancari – come la Banca per il Mezzogiorno – che sostengano l’accesso al credito per tutte le imprese sane.
Per quanto riguarda i fattori di produzione comuni, l’attenzione va posta prima di tutto su scuola e formazione come settori essenziali non solo per la qualità della vita dei cittadini, ma per la formazione del fattore di competitività proprio di una economia avanzata, ossia il fattore umano. Un intento perseguibile tramite l’utilizzo dei Fondi europei dei Programmi operativi nazionali “Per la Scuola” e “Sistemi di politiche attive per l’Occupazione” per curare la riqualificazione dei lavoratori e la loro occupabilità.
E grande attenzione deve essere posta al superamento del gap infrastrutturale che separa il Sud dal resto del nostro Paese. Serve una svolta nella capacità di direzione pubblica: capacità di programmazione (le riprogrammazioni che si sono rese necessarie per accelerare l’utilizzo dei Fondi europei 2007-13 segnalano errori di programmazione che non devono ripetersi con i Fondi 2014-20); semplificazione amministrativa, sfoltimento dei vincoli normativi e regolamentari e attribuzione chiara di responsabilità a ogni amministrazione; riforma del Titolo V della Costituzione in modo da superare le sovrapposizioni di competenze tra livelli di governo.
Un ruolo chiave verrà assunto da Cassa Depositi e Prestiti e Banca Europea degli Investimenti.
Il Governo è impegnato a definire e attuare – anche con l’apporto di imprese partecipate dallo Stato (Terna, Snam, FS, Anas) – progetti infrastrutturali decisivi per connettere il Mezzogiorno al resto del Paese, all’Europa, ai mercati internazionali: dal Piano Banda Ultralarga – per il quale sono state già stanziati 3,5 miliardi sul Fondo Sviluppo e Coesione e 2 miliardi sui Programmi Operativi Regionali – all’Alta Velocità sugli assi adriatico e tirrenico e sulla Napoli-Bari-Taranto e all’ammodernamento del sistema ferroviario in Sicilia e Sardegna; dal Piano della portualità e della logistica – che punta a fare dell’Italia e in particolare del Mezzogiorno un hub delle merci per tutta l’Europa – al Piano degli aeroporti che rafforza le linee da e per il Sud e al risanamento e sviluppo degli assi viari portanti; dalle interconnessioni che superano i principali colli di bottiglia che ostacolano il funzionamento del sistema elettrico alle infrastrutture del gas – rigassificatori, interconnessioni con l’estero, dorsale Sud-Nord – che aumentano la sicurezza degli approvvigionamenti di tutte le regioni e, aumentando la concorrenza, riducono il prezzo del gas.
E poi c’è la cura delle capacità innovative – tecnologiche e organizzative – del sistema produttivo meridionale: qui sarà fondamentale la finalizzazione al sostegno delle iniziative imprenditoriali più avanzate del Programma operativo nazionale Ricerca e Competitività, mentre il PON Cultura svolgerà un ruolo fondamentale di sviluppo degli attrattori culturali di cui il Mezzogiorno è ricco per la diffusione di attività turistiche che valorizzino le peculiarità del territorio.
Allo sviluppo del tessuto produttivo meridionale daranno poi un forte contributo le iniziative delle imprese partecipate da soggetti pubblici.
Un ruolo cruciale sarà assunto da Finmeccanica nei settori ad elevata innovazione tecnologica, da Fincantieri nel settore navi e piattaforme off-shore, da ENEL nel settore delle rinnovabili e del gas, da ENI nella conversione alla raffinazione e alla chimica verde. Però, con un’avvertenza decisiva: le suddette imprese sono e devono restare soggetti “orientati al mercato”. E non solo perché lo Stato è azionista di riferimento, ma non esclusivo e solo l’orientamento al mercato consente a quelle imprese di reperire le risorse finanziarie necessarie a sostenere programmi di investimento e innovazione decisivi nello scenario competitivo internazionale, ma perché così vuole lo stesso interesse pubblico che presiede alla partecipazione azionaria dello Stato: solo iniziative produttive capaci di essere competitive e quindi di stare sul mercato e di crescere possono garantire prospettive produttive e occupazionali durature. Il ruolo della partecipazione azionaria pubblica sta nel far sì che quelle imprese internalizzino una missione di interesse generale operando però sul mercato e secondo regole di mercato.
La stessa impostazione di una strategia industriale d’impresa può passare per la cessione di aziende o di quote di capitale orientata a dar vita a un assetto azionario che rafforzi il posizionamento di mercato e assicuri una riorganizzazione produttiva adeguata.
Il tema principale con cui devono misurarsi le partecipate locali, in particolare nel settore dei servizi di pubblica utilità, è soprattutto quello del superamento della frammentazione protezionistica e dell’aggregazione su dimensioni industriali efficienti. Un ruolo importante di supporto al riguardo potranno svolgere le grandi multiutility del Centro-Nord, che quei processi di aggregazione hanno già vissuto, ma un ruolo altrettanto importante possono svolgere le realtà meridionali di maggior dimensione e tradizione industriale.
Tra Fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-20 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi nazionali, cui si aggiungono fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro, e Fondo Sviluppo e Coesione, per il quale sono già oggi disponibili 39 miliardi di euro sulla programmazione 2014-20, stiamo parlando di circa 95 miliardi di euro a disposizione da qui al 2023 per politiche di sviluppo. E’ la capacità di utilizzarli che è mancata per decenni, come testimonia il ritardo accumulato fino al 2011 nella spesa dei Fondi europei e il fatto che a tutt’oggi il Fondo Sviluppo e Coesione abbia una disponibilità residua relativa ai cicli di programmazione 2000 – 2006 e 2007 -2013 per circa 17 miliardi che, per inciso, porta la capacità di spesa sul territorio da qui al 2023 a 112 miliardi. Il Governo, come dimostra il recupero di capacità di spesa dei Fondi 2007-13, sta operando per riattivare la capacità di utilizzare le risorse disponibili.
In funzione di questa ripresa di capacità attuativa, con la Legge di Stabilità 2016 il Governo ha attivato in sede europea la clausola investimenti – la cui istituzione è dovuta all’azione italiana durante il semestre di Presidenza dell’Unione – che mette a disposizione nel 2016 uno spazio di bilancio di 5 miliardi di euro utilizzabili per spendere le risorse nazionali destinate a cofinanziamento dei Fondi strutturali o di investimenti nelle reti di rilevanza europea o di investimenti supportati dal Piano Juncker. L’effetto leva potenziale è in grado di mettere in gioco nel solo 2016 investimenti per oltre 11 miliardi di euro, di cui almeno 7 per interventi nel Mezzogiorno.
Risorse che saranno essenziali anche per mobilitare capitali privati, nazionali e internazionali, che vogliano cogliere le opportunità di crescita del Mezzogiorno.
E’ questa la base finanziaria di partenza del Masterplan.
Un obiettivo perseguibile lavorando sulla Governance e sulla capacità amministrativa.
Sulla Governance, oltre che con le semplificazioni e l’opera di chiarimento circa la ripartizione di responsabilità tra le amministrazioni, il Governo interverrà costituendo e guidando la Cabina di Regia Stato-Regioni del Fondo Sviluppo e Coesione, che dovrà allocare le risorse in modo da massimizzare le sinergie con i Fondi strutturali allocati sui Programmi operativi nazionali e regionali. La Cabina di Regia si avvarrà del Dipartimento per le politiche di coesione e dell’Agenzia per la coesione territoriale delle cui strutture si sta accelerando il completamento, nonché di Invitalia e dei suoi strumenti di intervento. Cabina di Regia, Dipartimento e Agenzia lavoreranno a stretto contatto con le amministrazioni centrali e con quelle regionali e locali per dare impulso all’azione amministrativa e per rimuovere ostacoli procedurali e accelerare i processi autorizzatori. Ma qui si pone il problema decisivo di una collaborazione attiva delle amministrazioni regionali e locali. A questo tema della cooperazione interistituzionale sono dedicati i Patti per il Sud.
Il Governo si è attivato per costruire 16 Patti per il Sud, uno per ognuna delle 8 Regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) e uno per ognuna delle 8 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo, Cagliari). L’obiettivo è proprio quello di definire per ognuna di esse gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli e gli ostacoli da rimuovere, la tempistica, le reciproche responsabilità.
Ognuno dei Patti si struttura in quattro capitoli:
- la visione che la Regione o la Città ha del proprio futuro e che condivide col Governo (aree di industrializzazione o reindustrializzazione, bonifiche e tutela ambientale, agricoltura e industria agroalimentare, turismo e attrattori culturali, servizi e logistica, infrastrutture e servizi di pubblica utilità);
- ricognizione degli strumenti e delle risorse a disposizione (interazione tra PON e POR, intervento centrale col Fondo Sviluppo e Coesione, Accordi di Programma tra le istituzioni coinvolte e Contratti di Sviluppo con le imprese del territorio, altri strumenti a disposizione di Invitalia);
- gli interventi prioritari perché rappresentativi della nuova direzione di marcia che si vuole imprimere alla Regione o alla Città e della potenzialità nell’attrazione di capitali privati nonché della tempistica di realizzazione (Governo e amministrazioni regionali e locali si impegnano qui su tempi e azioni da mettere in campo per realizzare gli interventi indicati e rimuovere gli ostacoli che potranno insorgere);
- Governance del processo, snellimenti amministrativi, definizione delle reciproche responsabilità, individuazione di un responsabile chiaro dell’esecuzione del Piano.