Pietro Maso, il killer veneto, che il 17 aprile 1991 ammazzò i genitori, ha scritto una lettera al 29enne Manuel Foffo, colpevole di aver tolto la vita a Luca Varani al termine di un festino a base di droga e sesso.
Una lettera ‘da killer a killer’, entrambi assassini con il desiderio, non sempre portato alla realtà, di uccidere il padre, entrambi consumatori di cocaina. Ma le similitudini insieme alla ‘solidarietà’ offerte nelle righe da Pietro Maso a Manuel Foffo non hanno trovato corrispondenza.
“Credo di essere tra i pochi a comprendere i terribili momenti che stai vivendo… Non posso biasimarti per quello che hai fatto. Io sono stato peggiore di te, ma posso capire perché volevi ammazzare tuo padre”. Queste parole rappresentano un passaggio della lettera di Pietro Maso, ricordiamo autore di uno dei più efferati delitti degli anni Novanta, che il 17 aprile del 1991 ammazzò brutalmente entrambi i genitori, e adesso ha deciso di scrivere a Manuel Foffo, il giovane della “Roma bene”, apparentemente un ragazzo come tanti, che il 4 marzo scorso ha ucciso l’amico Luca Varani, ma più della ferocia del delitto Varani, a colpire Maso è stata la sua dichiarazione ai pubblici ministeri di Roma: «Volevo uccidere mio padre».
“Caro Manuel, se me lo permetti mi rivolgo a te con un confidenziale tu… Sono Pietro Maso, il mostro, colui che molti anni fa uccise i genitori senza alcun tentennamento (…) Perché ho pensato di scriverti? Per egoismo. Aiutarti mi fa sentire finalmente migliore e mi aiuta a sconfiggere i fantasmi che alimentano i miei sensi di colpa. Io sono stato peggiore di te, ma posso capire perché volevi ammazzare tuo padre».
Maso, mediante le sue parole, avverte Foffo del futuro che lo aspetta in carcere: «L’isolamento, la disperazione, gli sputi in faccia degli altri detenuti e la durezza delle guardie. La voglia di suicidarti e l’illusione di svegliarti da un brutto sogno e tornare alla vita di sempre». E ancora prosegue : «Il peggio è che pure a fine corsa rimarrai la bestia feroce da escludere. Non ti illudere che sarai accettato o accolto. Fra un quarto di secolo troverai qualcuno che ti riconoscerà per scacciarti. Se può aiutarti scrivi e ti risponderò».
La lettera in questione proviene dal Trentino; Maso è infatti ospite di una comunità di recupero dove cerca di guarire dalla dipendenza della cocaina. Mentre Foffo è nel carcere romano di Regina Coeli. Ed è qui che, molto probabilmente, deve aver ricevuto la lettera.
L’intento di Maso sembrerebbe quello di anticipare a Foffo un futuro cupo: “Avrai molti psichiatri che ti squarteranno la mente e l’ anima, alcuni in buona fede per capire, altri solo per regalarti una normalità fittizia. Sarai l’obbrobrio da esibire come bersaglio per ogni riprovazione e il riferimento comune che mette tutti d’accordo nel disprezzo. Quanti giorni, mesi, anni trascorrerai in una cella, inseguendo le attese, l’indulgenza, una soluzione. Ci sarà il processo, la stampa, i lampi dei fotografi. I giudici, gli assistenti sociali, gli intellettuali d’ ordinanza ad intricarsi di te, delle tue emozioni più intime”.
Ma la solidarietà di Pietro Maso, Manuel Foffo non la vuole, anzi, la respinge con forza dal carcere in cui si trova, e alla sua lettera risponde con un sostanziale: la tua solidarietà non la voglio.