La storia di Luigi Cutarelli sintetizza in maniera più che esaustiva la condizione di quei ragazzi nati, cresciuti e vissuti nel segno della camorra.
21 anni e già sicario per conto del clan di famiglia.
Una scelta obbligata, obbligatoria, una sorta di tunnel cieco dove l’unica alternativa perseguibile è vivere nel segno del credo criminale.
Pochi giorni prima di Pasqua, Luigi ha accompagnato la moglie in Puglia, le ha fatto fare un giro nello zoo di Fasano, poi però è tornato a Miano, al cospetto dello zio, e gli ha detto «Eccomi, sto a disposizione, che bisogna fare?».
Un atto di fedeltà recepito di buon grado da Anna Serino, zia di Luigi e moglie del boss Carlo Lo Russo che sottolinea la coraggiosa e servile abnegazione del nipote servendosi di questi termini: «Per te – dice al marito – Luigi si farebbe esplodere una bomba in bocca».
Una fedeltà dimostrata sul campo, mettendo a segno l’omicidio di Pasquale Izzi, giustiziato sotto casa, mentre stava rientrando in carcere, dopo un permesso premio. Un omicidio compiuto, secondo la Dda, per consolidare il potere dei Lo Russo nella zona di Miano, periferia Nord di Napoli.
Quattro persone sono state arrestate in un’operazione congiunta portata a termine dagli agenti della squadra Mobile della questura di Napoli e dai carabinieri della compagnia Vomero nell’ambito delle indagini sulla morte di Pasquale Izzi, il 54enne pregiudicato ucciso il 29 marzo scorso alla seconda traversa Janfolla, nella zona Nord di Napoli.
Carlo Lo Russo (49 anni), ritenuto dagli investigatori reggente dell’omonimo clan, già detenuto ai domiciliari, è stato arrestato perché sospettato di essere il mandante dell’omicidio. Per l’antimafia il boss ha pianificato e ideato l’agguato ed è stato “attivo pure nella fase esecutiva” fornendo ai killer i mezzi necessari. Supporto che ha fornito anche Anna Serino, moglie di Lo Russo, che, inoltre, sempre a detta della Procura, ha incitato gli esecutori materiali a compiere il raid. A sparare è stato Luigi Cutarelli, 21 anni. È lui per gli investigatori ad aver esploso più colpi d’arma da fuoco contro Izzi uccidendolo. All’omicidio ha contribuito anche Mariano Torre (28 anni) localizzando la vittima e offrendo appoggio a Cutarelli. Izzi fu freddato da numerosi colpi d’arma da fuoco, che lo raggiunsero alla testa, mentre caricava i bagagli all’interno di una Fiat Punto, a poca distanza dalla propria abitazione. L’uomo era detenuto nel carcere di Bellizzi Irpino, per scontare una pena per reati contro il patrimonio, ed era rientrato a casa per un permesso premio in occasione delle festività pasquali. Il corpo senza vita fu rinvenuto dalla polizia riverso nel sedile posteriore della vettura, risultata intestata a una persona già nota alle forze dell’ordine. Una vicenda che lascia trapelare in tutta la sua cruda ferocia la cinica e spietata logica della camorra, attraverso le suggestioni consegnate dalle sue figure-simbolo, come le parole di Anna Serino emerse dalle intercettazioni, preoccupata per “la crisi d’identità” palesata dal figlio Enzo che “non può pensare di fare il malavitoso ed anche il marito”.
È ancora Anna a “coccolare” gli esecutori materiali dell’omicidio Izzi, offrendo loro la colazione la mattina del delitto: il caffé, il mottino, l’uovo fresco e, ancora, l’incitamento reciproco tra marito e moglie, quando assistono in diretta all’esecuzione.
E sono ancora le intercettazioni a raccontare il livello di esaltazione di Carlo Lo Russo: «Anna, quello (Izzi, la vittima) stava dentro, Mariano all’improvviso ha detto o zio, apri la finestra di qua, l’abbiamo acchiappato… poi è venuto Luigi alle spalle… dum dum… vado a impazzire, 10 botte in faccia, 10 ma come ha fatto?, mi ha detto, o zì gli do 10 botte in faccia, ne mancano due, manca la mazzetta. Ed è tornato indietro».
“La mazzetta”: gli ultimi due colpi su un corpo già trucidato, un corpo privo di vita, due colpi che concorrono a riversare ferocia su una scena del crimine già abbondantemente condita di orrore. E non è tutto: gli inquirenti incastonano l’omicidio Izzi, in una scia di sangue che riconduce all’omicidio di Gennaro Cesarano, il 17enne vittima di un agguato maturato nel settembre del 2015, nel corso di una «stesa» criminale nel Rione Sanità e probabilmente comandata dallo stesso clan Lo Russo: quello che impone ai suoi figli di decidere se fare i mariti o i camorristi. Nel mezzo della conflittuale contesa, però, a pagare con la vita è una vita innocente e che aveva ben chiaro quale strada perseguire, ma non gli è stato reso possibile, la camorra ha stroncato all’alba dei suoi giorni migliori il desiderio di ambire ad un’esistenza umile ed onesta: così è morto Genny Cesarano.